lunedì 29 marzo 2010

La politica l'ha buttata in cagnara. Ed ecco i risultati

di Angelo Maria Perrino


Se la sono cercata, a destra come a sinistra, come al centro. L'hanno buttata in rissa, in cagnara. Per mesi.
Hanno riempito l'agenda di gossip e colpi bassi. Hanno inseguito i talk show e gli scoop giornalistici. Più che politica hanno fatto marketing (pessimo, peraltro) e posizionamento (pseudo)-competitivo. Ignorando i problemi reali: la disoccupazione, le tasse, le infrastrutture (anche digitali, come la banda larga), la questione sociale, la giustizia che non funziona, la corruzione e il malcostume, la pubblica amministrazione fannullona, i servizi scadenti, la competitività industriale sempre più debole. E adesso, inevitabilmente, gli italiani presentano il conto. Astensione, disaffezione, distacco. Era inevitabile. E si accentuerà se il Potere, centrale e locale, economico, politico e culturale non recupererà rapidamente serietà, rigore, decoro, autorevolezza, responsabilità.

La politica, questa politica, questi politici sono un problema. Ma lo è, simmetricamente, la classe dirigente (gli industriali, i banchieri, i manager, i magistrati, i direttori di giornali e gli opinionisti, i grand commis, i medici, i preti, i docenti, gli intellettuali) nel suo complesso. Tutti chiusi nei loro Palazzi corporativi, a curare i propri interessi, economici, lobbistici, di consenso, di potere, di network. Tutti impegnati nel rafforzamento e nella promozione di se stessi e delle proprie cordate.Gli uni contro gli altri armati, vassalli, valvassori e valvassini. Come nell'Italia delle Signorie.Tutti dimentichi dei propri doveri e delle proprie responsabilità, private e pubbliche. E' un campanello d'allarme, l'astensione boom alle regionali 2010. Di cui nessuno, tra i partiti, può gioire nella logica del mors tua vita mea.Qui è a rischio tutta la classe dirigente. Finita la cagnara elettorale, maggioranza e opposizione devono recuperare impegno civile e responsabilità sociale.

Se non per motivi altruistici e morali, almeno per restare a galla. Perché sennò parte la ramazza, che, quando parte, colpisce tutti, senza troppi distinguo. La classe dirigente, nazionale e locale,si candida liberamente e poi occupa posti di responsabilità sulla base della promessa di fare e del consenso che riesce a conquistare con la coerenza delle sue azioni. Ora lo scambio sta entrando in crisi per un evidente deficit di riscontri e di ritorni in termini di gestione della cosa pubblica. Il bilancio è magro, i rendiconti non tornano. Si chiudano tutti in un convento, destra, centro e sinistra e trovino le giuste alchimie. Rammentandosi che devono operare per includere, non per escludere. Perché a furia di escludere, rischiano di restare da soli e con il cerino in mano. Basta con l'occupazione del Potere fine a se stessa. Devono fare le riforme, gestire la cosa pubblica nell'interesse generale, operare all'altezza del Paese, che è sempre la sesta potenza industriale. Sennò il rischio è il qualunquismo, le scorciatoie, le derive autoritarie. L'avventura.

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