16.7.12
di
Gianni Lannes
In
un Paese affondato nelle sabbie mobili degli interessi privati e personali,
nelle meschine convenienze di ciascuno, dirsi tutto è il primo passo per
costruire il futuro. Dirsi tutto, sì. Sono radicale, sempre. Essere radicali
vuol dire andare alla radice delle cose. E alla radice di ogni cosa c’è
l’essere umano.
Non
sono un eroe. Ho imparato sulla mia pelle a vivere come se dovessi morire
subito e a pensare come se non dovessi morire mai. Ma non ho il diritto di
barattare la sicurezza della mia famiglia per uno scoop giornalistico. E che dire
del silenzio generale e della solitudine con cui sono stato circondato?
L’Italia
è militarmente e politicamente occupata dagli Stati uniti d’America: il nostro
Paese non è sovrano né indipendente. Il belpaese paga miliardi di euro per
mantenere le inquinanti basi militari Usa che occupano il nostro territorio e
da noi decollano per far guerra a mezzo mondo.
Il
belpaese sborsa in euro e in vite umane i conflitti imposti dalle caste
belliche e finanziarie. Il belpaese fa fronte con nuovi debiti al pagamento
delle armi che lo “zio sam” ci vende per fare più morti e più distruzioni. Il
regime partitocratico succube di chi tiene in pugno con il terrore bellico il
resto del mondo, svena le casse pubbliche sempre più indebitate.
Poi
a cittadine e cittadini dicono che non ci sono risorse per la scuola pubblica,
per la sanità, per la ricerca, per servizi pubblici dignitosi, per il lavoro,
per le imprese, per le famiglie.
Chissà
quanti anni e quante generazioni ci vorranno perché arrivi una nuova leva di
italiane e italiani che sappiano scrollarsi di dosso la coltre della
rassegnazione, dell’oggi a me e domani a te. Come se l’ex giardino d’Europa,
fosse solo una gigantesca torta da spartirsi: appalti, subappalti, commesse,
indotto pubblico e privato, posti al sole e sistemazioni off shore.
Chissà
se riusciremo in breve tempo a seminare quel seme buono a far germogliare di
nuovo la sapienza delle madri, il coraggio dei padri, l’abnegazione dei nonni,
di quelli che hanno fatto realmente grande l’Italia, prima che l’egoismo e il
criminale calcolo del privato profitto dei nipoti e bisnipoti la riducesse in
polvere. La crisi, il mutamento antropologico già sapientemente preannunciato
da Pasolini, il pensiero unico, la dipendenza, l’assenza di memoria sociale.
Nel
1979 Leonardo Sciascia da parlamentare indipendente impronta la sua azione
radicalmente: “Rompere i compromessi e le compromissioni, i giochi delle parti,
le mafie, gli intrallazzi, i silenzi, le omertà; rompere questa specie di patto
tra la stupidità e la violenza che si viene manifestando sulle cose italiane”.
Mai come oggi ci rendiamo conto del fatto che l’intelligenza collettiva è
dissolta, la voce della critica sociale è muta, la democrazia morta e sepolta.
Per
dirla con Indro Montanelli: “Se un paese non si cura di sapere nulla, non può
avere futuro”.
Senza
antenati né posteri? Ignari di se stessi? Possiamo fare qualcosa? Ho il dovere
di sperarlo e di essere contagioso. A questo serve la cultura. L’unico modo di
combattere la paura di tanti è costruire speranze non solo per pochi. La paura
è passiva, ma la speranza va coltivata, nei cuori e nelle menti. La paura è una
componente essenziale della nuova miseria, assieme alla intolleranza e alla
solitudine.
Occorre
continuare ad affermare il più possibile, la verità, quella scomoda, che
urtica, quella che obbliga al realismo.
Anche
il giornalismo può dare significato al reale a condizione di essere credibile.
Bisogna ri-trovare la capacità di indignarsi, di re-agire, di ribellarsi, di
stabilire che il bene di tutti venga prima dell’interesse di alcuni (pochi).
Unire
sulle questioni fondamentali, anziché dividere sulle strumentali. Insieme
possiamo piantare un seme importante. Insieme possiamo iniziare a cambiare il
corso delle cose e degli eventi. Insieme possiamo disintegrare la passività.
Il
destino è nelle nostre mani. SU LA TESTA!
http://sulatestagiannilannes.blogspot.it/2012/07/italia-liberata.html#more
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