Le catastrofi naturali affossano le assicurazioni
I Lloyd's di Londra avvertono che il settore rischia di cadere in profondo rosso. Uragani, terremoti, inondazioni e tragedie di ogni genere costringono le compagnie a risarcimenti record
del nostro corrispondente ENRICO FRANCESCHINIRichard Ward, amministratore delegato dei Lloyd's, ha dichiarato ieri che il 2011 è in procinto di diventare il secondo anno più costoso di tutti i tempi per il settore delle assicurazioni, dopo il 2005, l'anno in cui l'uragano Katrina seminò la distruzione a New Orleans e in buona parte del sud degli Usa. Altre compagnie, riporta il quotidiano Guardian, credono che, se i disastri naturali continueranno sino alla fine dell'anno, il 2011 potrebbe addirittura entrare negli annali come l'anno peggiore di sempre per la loro industria.
Il maltempo, per dirla con un understatement all'inglese, non è tuttavia il solo responsabile di un momento così difficile per il settore. A peggiorare le cose contribuisce la coincidenza fra le catastrofi naturali e la catastrofe finanziaria che ha attraversato il mondo a partire dal 2008 e che, dopo momentanei segnali di miglioramento, sembra ora minacciare di nuovo tempesta. "La situazione finanziaria è tale che non possiamo contare su rendite sufficienti da parte dei nostri investimenti per sovvenzionare le perdite che subiamo nel pagare le polizze", afferna l'amministratore delegato Ward. Le cifre sono impressionanti: nei primi sei mesi del 2011, i Lloyd's - che assicurano di tutto, dai disastri naturali ai rapimenti, dai furti di opere d'arte a incidenti a satelliti e a navi spaziali - hanno sofferto un passivo pre-tasse di 697 milioni di sterline, rispetto a un profitto di 628 milioni nei primi sei mesi dell'anno precedente.
Quanto ai disastri naturali, l'ad dei Lloyd's riconosce che la frequenza di uragani e tsunami rende la vita sempre più difficile per gli assicuratori e induce a domandarsi se non sia il segno di un cambiamento climatico. "C'è effettivamente la sensazione che questi eventi accadono sempre più spesso - osserva Ward - anche se occorre valutare queste cose nell'arco di 100 anni, non di 10".http://www.repubblica.it/economia/2011/09/23/news/jkdfhgbkfdhbkjhad-22081649/?rss
Nessun commento:
Posta un commento