COMUNICAZIONE GLOBALE, STATI IMPOTENTI
La democrazia non è in rete
Oltre le questioni legate al funzionamento dei media già affrontate sul Corriere di ieri da Giulio Giorello, la folle iniziativa anti islamica del reverendo Terry Jones (nominatosi tale da se stesso) solleva un ulteriore problema, forse ancora più importante e generale. Un problema che, come la famosa talpa di marxiana memoria, sta scavando sotto le radici del mondo attuale erodendole sotterraneamente senza che neppure ce ne accorgiamo. È il problema del rapporto tra il regime democratico e l'estensione dello spazio. Quanto spazio si conviene alla democrazia perché essa possa funzionare?
La questione si pose con forza già alla fine del '700, quando Rousseau sostenne che un regime democratico, preso nel suo significato letterale di «governo del popolo», sarebbe impossibile in un Paese di grandi proporzioni. Come può mai accadere, infatti, che qui alcuni milioni di cittadini riescano davvero a riunirsi per discutere e deliberare, per giunta avendo conoscenza delle tante questioni che hanno necessariamente luogo in un grande spazio? Conosciamo tutti la risposta a questa domanda: il governo del popolo è possibile non per via diretta bensì attraverso i suoi rappresentanti. L’unica democrazia possibile è quella rappresentativa. Chi ha provato ad inventarne qualcun'altra ha fatto sempre fallimento.
Sbaglieremmo però a credere che allora la questione è risolta una volta per tutte. Oggi, per esempio, lo spazio e le questioni storiche ad esso riferibili sono all’origine di alcuni dei problemi più difficili che si pongono all’Unione europea se vuole diventare un autentico soggetto politico. Infatti, a causa della sua vasta (troppo vasta?) area geografica, in essa si parlano un gran numero di lingue. Il che pone una drammatica domanda: come può sorgere una democrazia, anche rappresentativa, se i suoi cittadini non sono in grado di capirsi, se si è in grado di capire solo i partiti e i politici della propria lingua? Se l’estensione dello spazio non è almeno in certa misura compensata dalla vicinanza linguistica? Cosa sarebbero oggi gli Stati Uniti se gli abitanti della California parlassero una lingua diversa da quelli della Virginia o del Nevada? Addirittura: esisterebbero mai? Non è tutto. Anche negli antichi Stati nazionali la protesta di tante periferie contro il centro, con le conseguenti richieste di maggiore autonomia, indica quanto le relazioni determinate dallo spazio (più o meno grande) continuino ad essere un problema per la democrazia.
Il caso del cosiddetto reverendo Jones sottolinea però come oggi, nell’ambito spazio/statualità, accanto alla difficoltà chiamiamola classica determinata dall’eccesso di estensione dello spazio, se ne sia aggiunta un’altra, con effetti potenzialmente ancora più gravi.
E cioè la difficoltà legata alla ridotta estensione dello spazio statale, al suo restringimento di fatto, dovuto principalmente alla velocità ormai fantastica di ogni genere di comunicazione, vicina ormai al traguardo dell’istantaneità. Si è già creato, infatti, e si allarga ogni giorno di più, un vasto spazio virtuale, un tecno-spazio planetario dove soprattutto le notizie, i movimenti di denaro e i rapporti interpersonali, sia scritti sia vocali, hanno assunto in pratica il carattere dell’immediatezza. Aprendo così davanti a noi una sorta di epoca della prossimità totale. Che peraltro ha la sua negazione/antitesi nella crescente lontananza che invece, all’interno degli Stati, si è creata in un gran numero di casi tra centro e periferie.
E così, stretto come in una tenaglia dentro una spazialità da un lato dominata dall’immediatezza e dall’altro caratterizzata dalla lontananza, il regime democratico vede oltremodo indebolite le sue antiche possibilità di controllo (e di autonomia). Per entrambi i versi esso vede progressivamente assottigliarsi i margini della sua sovranità: e tanto più in quanto proprio le sue caratteristiche democratiche, la sua tutela dei diritti individuali e collettivi, rendono sempre più problematica la difesa di quella sovranità. La quale, lungi dall’essere «superata» a favore di inesistenti e fantasmatiche sovranità sovra o internazionali — come credono gli ottimisti —viene semplicemente messa in mora da altre minisovranità al suo interno, ovvero dalle leggi senza volto della tecnologia, che operano nell’interesse esclusivo di sé medesime e/o degli incontrollabili interessi economici (per esempio della finanza o della grande informazione commerciale globale) che se ne servono.
Ernesto Galli Della Loggia
13 settembre 2010
Nessun commento:
Posta un commento