Rieder e l'antigravitazione (prima parte)
Nel suo acuto saggio “Gli Alieni”, Johannes Fiebag riporta una testimonianza da lui raccolta riferita a Jurgen Rieder, un uomo che, nel febbraio del 1975, visse un incontro ravvicinato del terzo tipo nei pressi del Lago di Costanza. Rieder fu protagonista, insieme con un suo coetaneo, Heiner di un incontro notturno. Verso la mezzanotte trillò il telefono a casa di Jurgen: era il suo amico Heiner che, avendo cacciato di frodo una lepre, era stato rincorso da una guardia forestale. Temendo guai con la legge, Heiner aveva chiesto aiuto a Jurgen nel cuore della notte. Il giovane si precipitò nel bosco ed esortò l'amico a costituirsi, ma senza convincerlo.
Erano ormai le tre, quando all'improvviso, il cielo ottenebrato da scure nubi, si tinse di un colore lattiginoso, come se stesse albeggiando. I due giovani scorsero poi delle luci danzanti tra gli alberi: Jurgen, incuriosito e mesmerizzato, nonostante l'amico tentasse di trattenerlo, afferrando il lembo della giacca, si avvicinò ai bagliori che apparvero come tre grandi figure, alte circa tre metri. Questi umanoidi sembravano assisi su sedili volanti di cui manovravano delle leve ai lati. In testa indossavano dei caschi che coprivano interamente i volti. I giganti avevano sul dorso una sorta di grosso zaino che arrivava all'altezza della testa e si libravano a bordo dei loro sedili volanti a circa due metri dal suolo da cui schizzava il pietrisco.
Racconta il testimone, accostatosi ad uno delle strane creature : "Questo coso mi venne così vicino che potei specchiarmi nel suo elmo lucente e rendermi conto di come stavo lì impalato. Ora scorgevo anche, a sinistra ed a destra del casco, sullo zaino che portava dietro quattro occhi prismatici ed avevo la sensazione di essere trapassato da un raggio laser... Mi formicolava tutto il corpo, anzi provavo un vero e proprio dolore. Poi mi sentii risucchiare la pelle, come se dal corpo venissero risucchiati tutti i liquidi e di colpo mi prosciugassi e mi rinsecchissi. La testa mi rintronava come se fossi assordato da un forte scampanio e le ossa mi scricchiolavano."
Dopo un po' di tempo, le tre gigantesche figure svanirono e tutto tornò alla normalità. Alla disavventura di Jurgen assisté un incredulo ed atterrito Heiner che restò stranito dall'accaduto per alcuni giorni, mentre Jurgen cominciò da allora ad arrovellarsi su quale fantastico meccanismo azionasse i sedili volanti.
La singolare avventura di Rieder è esaminata con sagacia da Fiebag che ne estrapola gli aspetti peculiari riconducibili alla casistica ufologica (le luci rutilanti, la paralisi, l'incontro con umanoidi, la componente tecnologica dell'esperienza...) ed altri, invece, alquanto eccentrici (i sedili volanti, la sensazione di essere prosciugati). Sebbene questo caso sia in sé già molto stupefacente, le conseguenze del contatto sono ancora più sbalorditive, soprattutto se correlate ad altri episodi e situazioni. Infatti. da quella notte fatale, Rieder cominciò ad essere ossessionato da un unico scopo: costruire una macchina antigravitazionale le cui caratteristiche gli balenavano nella mente in visioni via via sempre più realistiche e nette. All'inizio gli apparve un triangolo con tre turbine rotanti; in seguito il triangolo si trasformò in una doppia piramide al cui interno vide incorporato un triangolo di silicio. In successive immagini mentali riconobbe che tali cristalli o elementi artificiali equivalenti - stratificati in un parallelepipedo simile ad un accumulatore - in determinate condizioni di oscillazioni esercitavano una forza antigravitazionale.
Rieder ebbe l’intuizione relativa al silicio negli anni in cui cominciarono ad essere ingegnerizzati i microprocessori costruiti con questo elemento. Piccoli cristalli di silicio, in virtù delle oscillazioni a frequenza costante, della conducibilità elettrica e della capacità di emettere impulsi, sono alla base della nostra tecnologia: sono, infatti, integrati nella memoria degli elaboratori.
Altri sono, invece, gli elementi che hanno la proprietà di ridurre l’interazione gravitazionale. Nel campo delle tecnologie antigravitazionali, spicca lo scienziato statunitense Thomas Townsend Brown. Townsend Brown è un ingegnere nato in Ohio nel 1905 e morto nel 1985, in una località denominata Avalon, nell’isola di Catalina, nello stato della California.
Dopo aver frequentato l’università, Townsend Brown lavorò all’interno di vari istituti di ricerca, tra cui il prestigioso Smithsonian Institute. Nel 1933 si arruolò nella marina statunitense, dove rimase fino al 1943, ottenendo il grado di capitano di corvetta. In questo decennio, usò le sue conoscenze per studiare e realizzare un metodo di rilevazione magnetica ed acustica delle mine di profondità. Sino alla fine del 1945 operò come esperto di sistemi radar alla Lockheed corporation. Nel 1951 pubblicò sul Physics observer una ricerca su un'apparecchiatura elettrocinetica che sembra fosse in grado di vincere la forza di gravità. Il congegno aveva l’aspetto di un ombrello con un reticolato metallico cui veniva applicata un’alta carica elettrica (tensione di circa 125.000 volts). Forse grazie a questa sua invenzione, percorse una folgorante (in tutti i sensi) carriera che lo portò al vertice della RAND Corporation, dal 1958 al 1974. In quegli anni questa società costruiva basi sotterranee segrete e sembra fosse coinvolta anche in progetti dell’esercito per il controllo mentale.
Sebbene in una totale e sinistra segretezza, le ricerche avviate da Townsend e da altri sono continuate e continuano in laboratori militari dove si sperimentano velivoli antigravitazionali, forse avvalendosi anche di conoscenze frutto di retroingegneria. Alcuni elementi chimici, fra cui il berillio, l’alluminio, il vanadio, il rame ed il bismuto, possono schermare la gravità, se associati ad un forte campo elettromagnetico. In special modo, il bismuto sembra acquisire un‘importanza di primo piano in collegamento con la superconduzione.
Nota: le fonti del presente articolo saranno indicate in calce all'ultima parte.
http://zret.blogspot.com/2009/12/heiner-e-lantigravitazione-prima-parte.html