Contact: la liberazione dei testimoni più scomodi
Di Maurizio Baiata
Con il termine anglosassone contactee, contattato, si definisce una persona che dichiara di essere stata protagonista di uno o più incontri con entità extraterrestri. Con il termine Contattismo, tale definizione si allarga al complesso di testimonianze, di rivelazioni e di comunicazioni che il contattato estrinseca nel tempo, in associazione al manifestarsi di creature extraterrestri che, appunto, sembrano disporre delle capacità e delle ragioni per entrare in contatto con gli esseri umani abitanti di questo pianeta. O, almeno, lo hanno fatto e lo fanno con singoli individui prescelti. E prelevati.
C’è chi sostiene che oggi la distanza che separa il mondo dei contattati e quello degli addotti (o rapiti) si sia molto assottigliata.
In diminuzione risultano le testimonianze – altrimenti abbondanti dagli anni Cinquanta sino a pochi anni fa – di quelle persone che asseriscono di aver incontrato esseri alieni o entità extraterrestri dalle quali poi avrebbero ricevuto messaggi tesi alla diffusione di principi relativi alla “fratellanza cosmica”, e alla presenza nell’ Universo di forme di vita altamente evolute il cui intento, alla base del contatto con gli umani, sia proprio quello della coesistenza pacifica e di interazione costruttiva con gli abitanti di altri mondi. Che ci sia bisogno di pace sulla Terra non c’è bisogno di sottolinearlo. Che sia possibile raggiungerla, davanti alla strage continua di innocenti vite umane mentre la strategia dello “stato di guerra perenne” sembra ormai inalienabile dalle piattaforme politiche di difesa delle nazioni considerate più progredite, purtroppo è solo una speranza.
La voce dei contattisti americani negli anni Cinquanta si levava dallo spettacoloso panorama del deserto californiano, dove si erge Giant Rock, e dove si respirava una sana aria di attesa per l’arrivo dei “Fratelli Cosmici” .
Erano gli anni in cui nessuno “scandalo nucleare” era ancora emerso dai laboratori di Los Alamos, o dalle stazioni sperimentali di Alamogordo, né strane storie di alieni dalle basi sotterranee nel deserto del Nevada, o dalla base aerea di Roswell.
Sui primi test atomici statunitensi, allora come adesso, poco è dato sapere.
Inseriti nel contesto del segretissimo Manhattan Project, i test fecero diverse vittime e negli anni lo scandalo sarebbe venuto a galla, con sfaccettature inquietanti, per quanto l’opinione pubblica americana e mondiale potevano realmente essere messe al corrente delle devastanti conseguenze di tali test, sui militari coinvolti. Agli spettacoli delle esplosioni nucleari nel Nevada venivano invitati osservatori internazionali, scienziati e rappresentanti della stampa... Nessuno allora comprese realmente gli effetti devastanti di quegli esperimenti. Nessuno, ma intanto i contattisti inneggiavano alla fratellanza universale, alla nascita di una nuova generazione interplanetaria, e per questo rimasero non ascoltati, dileggiati e ghettizzati. Si riunivano regolarmente a Giant Rock.
Non c’era nulla di particolarmente scientifico in quello che dicevano, ma dalla nascita del mito di George Adamski, altri avevano iniziato a riferire di esperienze analoghe ed il loro numero negli USA cresceva, la maggioranza a forte inclinazione mistica, ai percorsi spirituali ed interiori suffragati dalla “vicinanza” con gli extraterrestri, dei quali si impegnavano a divulgare i messaggi di saggezza. Che si trattasse di contatti veri o falsi, la filosofia di fondo era una sorta di salvezza proveniente dallo spazio. I fratelli cosmici erano simili a noi ed avrebbero aiutato l’umanità ad evitare l’autodistruzione causata dalle atomiche. Un messaggio pacifista che oggi, a distanza di oltre mezzo secolo, è ancora più attuale di allora.
Infine, c’erano quei contattisti che avevano realmente vissuto ciò di cui parlavano, come George Van Tassel, Daniel Fry e Howard Menger. Tre uomini molto interessanti, ma la vicenda di Menger spicca e ci interessa più da vicino. Fu tra i pochi a poter suffragare con prove fisiche le sue affermazioni e a poter contare su decine di testimoni, che confermarono la veridicità delle sue esperienze, fra i quali uno psichiatra, Berthold Schwartz, che non solo si convinse della sincerità di Menger, ma ne divenne amico e sostenitore.
Il governo americano seguiva con interesse le attività di ricerca nel campo dell’elettromagnetismo del contattista, giungendo a sostenerle, sembra, anche economicamente. Ma si trattò di un fuoco di paglia. Anzi, i contatti con i funzionari di Washington avrebbero richiesto il loro prezzo e Menger si trovò costretto ad abbandonare in toto il proprio impegno con il movimento di opinione contattista legato agli UFO. Perché, è bene ricordarlo, quasi invariabilmente, sotto tutte le latitudini, i protagonisti di queste vicende o sono parte di un processo di inquinamento e di disinformazione sulle prove, oppure vengono screditati, rovinati, bollati come persone “fuori di testa” nella migliore delle ipotesi.
Veniamo al problema degli addotti. Se ne occupano tre categorie di esperti: gli psichiatri, gli psicologi, gli ufologi. Gli appartenenti alle prime due categorie, di UFO sanno pressoché zero, a meno che non se ne siano interessati per ragioni personali, che esulano dal loro campo professionale. Eccezioni alla regola ci sono e non mancano anche in Italia. Gli appartenenti alla terza categoria sono invece considerati ricercatori dilettanti in un campo ove – secondo la scienza ufficiale e le istituzioni – ben poco c’è da apprendere, o da fare, in quanto né sul fenomeno UFO, né sulla questione contatti/rapimenti si ha la benché minima prova che esistano davvero.
A fronte di tale desolante scenario, va emergendo negli Stati Uniti una situazione che potrebbe presentare risvolti positivi. Vede l’impegno di molti ricercatori che, a prescindere dal proprio personale titolo accademico o professionale, hanno preso seriamente in considerazione la tematica, e si battono perché in merito cresca una coscienza collettiva. Ognuno di loro perora la causa degli addotti. Cerca cioè una soluzione al problema, lavorando con e sul soggetto ed impiegando le tecniche più disparate, essendo perfettamente consapevole di correre il rischio di venire attaccato e screditato.
Penso che in questi ricercatori il conflitto interiore sia notevole e sempre più bruciante. Nulla, però, a paragone di quanto accade agli addotti e ai contattati. Sono loro (ieri come oggi) i più autentici protagonisti di un fenomeno, quello del manifestarsi di entità aliene nella nostra sfera vitale, che è radicalmente mutato nel corso del tempo, evolvendosi da fortuita e rara espressione di pochi individui a una nuova dimensione culturale, data dalla costante presenza, nel tessuto connettivo della nostra società, di una matrice, di un DNA, che ci si ostina a considerare alieno, quando è invece terrestre. Perché è dentro di noi da sempre.
E allora, non c’era stata in Italia una trentina d’anni fa una legge Basaglia che sotto lo slogan “tutti matti da slegare” proclamò l’eguaglianza sociale (al di là della necessità di trattamenti più umani) anche per quegli individui considerati più nocivi perché pazzi? Siamo tutti addotti, siamo tutti contattati, siamo tutti matti da slegare?
Fonte:
da Richard
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