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Pubblichiamo un articolo sugli effetti delle radiofrequenze: purtroppo sistemi come il Wi-fi, su cui si sofferma un recente studio, non sono adoperati soltanto negli uffici, poiché sono ormai quasi in ogni dove, anche nelle zone all'aperto, come i giardini. E' inquietante la conclusione cui sono giunti dei ricercatori italiani: i danni non dipendono tanto dalla potenza, quanto dall'informazione portata dalla pulsazione del segnale in grado di squlibrare il metabolismo delle cellule. Così è veramente arduo, se non impossibile, difendersi da questa mortale ragnatela.
Wi-fi, WiMax, Bluetooth: nuove tecnologie, gioie e dolori. I dolori sembrerebbero essere non da poco, se, come spiega Fiorenzo Marinelli, ricercatore dell'IGM-CNR di Bologna, "gli effetti delle radiofrequenze sugli organismi sono abbastanza ben documentati: si tratta di alterazioni del metabolismo e soprattutto della sopravvivenza cellulare e della regolazione genica". Marinelli conduce esperimenti su cellule in coltura che vengono esposte alle frequenze di lavoro dell'Umts (2.200 MHz), del Bluetooth (2.450 MHz) e del Wi-Fi (2.437 Mhz).
Le cellule, in condizioni normali, sono mantenute in vita da un bilanciamento dell'espressione dei geni pro-apoptotici (che fanno morire le cellule) e quelli pro-survival (che spingono le cellule a proliferare): le frequenze studiate, spiega, "alterano questo bilanciamento". Vuol dire che"sregolano i geni che si occupano del ciclo cellulare: possono uccidere cellule in buona salute o far sopravvivere quelle che diventano tumorali".
Il nuovo studio - i cui contenuti sono stati illustrati alla Camera il 24 settembre 2010, nel corso di un incontro sulle 'Nuove malattie ambientali' organizzato dall'associazione Associazione per le Malattie da Intossicazione Cronica e/o Ambientale (AMICA onlus). "Irradiando le cellule in coltura con le frequenze del wi-fi, che usiamo negli uffici, otteniamo alterazioni profonde della regolazione genica: abbiamo già risultati in tal senso, che sono in via di ripetizione per conferma".
Il fatto è, sottolinea, che "i problemi citati vengono indotti se il campo è abbastanza potente, ma oltre un anno di esperimenti ci indica che la potenza non è il solo fattore determinante: la sregolazione dei geni non è data tanto dalla potenza, quanto dall'informazione portata dalla pulsazione del segnale. Quindi anche bassissime potenze possono avere effetti drammatici sulle cellule". Che fare, dunque, del Wi-fi e del Bluetooth? "Li metta via".
Fonte: elettrosmogtext
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