In altre parole, certi protosardi comunicavano con gli extraterrestri mettendosi sopra i nuraghi o in un altro luogo dove regnava il silenzio, stesi col corpo nudo su una pietra levigata, in linea con le stesse che emanano micro onde cosmiche capaci di essere ricevute dai recettori umani. Oltre a ciò occorreva una grande concentrazione che consentiva di ricevere questi suoni muti."
I racconti della Nuragheologia sono stati scritti da Raimondo de Muro, nell'arco di oltre trent'anni. L'opera completa consta di cinque romanzi, più un sesto libro che è una sorta di compendio di quelle che egli definisce “le norme di vita della Nuragheologia”. Cosa sia la Nuragheologia, non è facile da spiegare. De-Muro sostiene che, in Sardegna è esistita, e forse in qualche modo sopravvive ancora, una sorta di “organizzazione comunitaria”, diffusa soprattutto nel mondo agro-pastorale, con proprie leggi e norme di condotta; un ordinamento sociale che, correndo parallelo alle vicende storiche ”ufficiali” dell’isola, affonda le sue radici nei millenni, risalendo fino all’epoca nuragica.
I racconti furono pubblicati nei primi anni ottanta da una piccola casa editrice, ora non più attiva, e ormai sono in circolazione poche copie; nonostante ciò La memoria della Nuragheologia è ancora viva, non solo in Sardegna. Nei racconti leggiamo che i grandi padri della Sardegna hanno tramandato che un corpo celeste (Nibiru?) centrò la terra e questa si incurvò dalla parte orientale. Perciò le antenne dei Nuraghi persero per sempre la loro finalità di comunicazione con gli abitanti degli altri mondi. Ma come avvenne questa comunicazione? L’uomo sarebbe dotato di orecchie nascoste (i recettori magnetici) in grado di captare le voci di mondi lontani, a patto che questi organi di senso vengano esercitati. Ma se non si conosce l’alfabeto di questi segnali non si comprendono i messaggi.
Lo stesso Raimondo De Muro, nei "Racconti della Nuragheologia" scriveva:
"Cento bisavoli prima del bisavolo mio, nella Sardegna, raccontano gli antichi, sono venuti gli uomini del pianeta blu, a pelle blu e liscia che pareva di porcellana, con un corpo che pareva pieno di aria, ma non era di aria ma trasparente come una vetrina, che non era possibile toccarli se uno non voleva essere fulminato all’istante. Dicono gli antichi che erano uomini di alta statura, con la faccia uguale alle statue di bronzo e di pietra che ricordano questa venuta. Sulla testa portavano un corno come un vomere e sulla fronte un porro che lampeggiava. Si erano fatti vie di fuoco e in queste vie restava la polvere della vita e da questa polvere è nato ogni essere vivente, racconta il proverbio antico.
Si tratta di una spiegazione, questa della nuragheologia, piuttosto avventurosa, ma che dimostra, ancora oggi, la sua validità, posto che non si possano essere certezze in materia. In realtà non sappiamo che cosa sia realmente la vita. Sappiamo solo che alcuni suoi ingredienti di base come l’idrogeno, l’ossigeno, l’azoto, il carbonio esistono un po’ dappertutto e che questi, aggregandosi, servono come materiali della struttura vivente. Ma, scoperti i mattoni della vita, il resto è buio completo! Resta solo questo racconto della nuragheologia, che non è racconto mitologico ma una esperienza vissuta da lontani progenitori, che può essere e non può essere! "
Poi De Muro scrive anche sulla Grotta del Bue Marino:
"Sicché, quando i giovani saranno i vecchi e i vecchi saranno i giovani l’avvenimento ricordato con quella scrittura figurata, nella parte della grotta del Bue Marino e non solo in quella ma in mille altre grotte marine e terrestri dell’isola, se queste fossero state lasciate intatte con la loro storica narrazione, si ripeterà, cioè, l’incontro avvenuto nell’isola tra i Sardi che avevano esperienze di galazzoni e quindi a conoscenza dell’esistenza, non solo di altre infinite umanità più o meno a somiglianza della nostra, ma anche di infiniti altri pianeti, più o meno consimili alla terra, coi quali è possibile, un incontro, come quello già avvenuto circa tremila anni fa.
Si dirà che questo è fantascienza, ma non lo è affatto, perché un simile avvenimento è scientificamente probabile che sia avvenuto, perché, oggi, siamo in grado di provare che a quell’epoca, un gruppo di pianeti della Via Lattea e precisamente quelli della costellazione di Sino si trovavano dalla terra, per via dell’eterno spostarsi nell’universo, a circa cinquanta anni luce di distanza (la galassia è un disco di centomila anni luce). A quella distanza era possibile «incontrarsi», perché, i Sardi e quindi gli extra terrestri ancora di più, i loro «messaggi» li trasmettevano con la percezione sensoriale (oggi purtroppo un esercizio impossibile per l’uomo non più addestrato da sessanta generazioni) il che permetteva loro di ricevere e trasmettere col pensiero, ad una velocità di gran lunga superiore ai trecentomila chilometri al minuto secondo."
C’è un fatto testimoniale incontrovertibile, che nessuno può negare, ed è che in Sardegna, nelle sue grotte e anche nelle grotte di altri popoli, esistono ancora e sono alla vista di tutti, delle incisioni o figurazioni schematiche antropomorfe che raccontano questo incontro.
"Non è pensabile che questi esseri umani abbiano perso il tempo a fare ciò per gioco - racconta De Muro - se lo hanno fatto vuol dire che hanno trovato bisogno di eternare e far sapere ai posteri questo straordinario avvenimento. Avvenimento che si ripeterà, ed è questo forse il motivo che li ha indotti a fare quelle iscrizioni in ogni grotta, perché lo capissero e lo sapessero tutti e tutti si preparassero, quando i giovani saranno i vecchi e i vecchi saranno i giovani. Ma quando? Quando quel pianeta si ritroverà nella medesima distanza di quella epoca? Questo è il punto, quando avverrà ciò?
In qualunque tempo avvenga questo ritorno degli uomini blu è un problema che riguarderà le generazioni future, a noi, oggi, ci serve, prendere atto che gli antichi ci hanno lasciato una «notizia», in cui ci dicono che altri esseri umani di altri mondi, sono venuti qui su questo pianeta e che torneranno. Prendiamo atto di questa «documentazione»"
UOMINI DI ALTRI MONDI DALLA PELLE BLU - RICORDANDO I W56 DEL CASO AMICIZIA
Da sempre gli extraterrestri ci bombardano di notizie, solo che noi non le sentiamo e non le comprendiamo: L’uomo avrebbe perduto tante capacità che lo rendevano simile agli abitanti degli altri mondi, allontanandolo da un tipo di vita che asseconda la natura umana. Ma quando questa possibilità di comunicazione era attiva, ecco come avveniva, secondo i precetti di un tempo codificati in sardo, che De Muro ha reso così in lingua italiana:
Secondo questa antica testimonianza, gli elmi di certi bronzetti sarebbero sormontati da antenne sofisticate, non da corna di animale.
Quanto agli “uomini blu”, con tale denominazione venivano chiamati gli abitanti di altri mondi in contatto con i protosardi, secondo un rituale che presentava diverse varianti. Questi esseri somigliano molto alla storia dei W56, si, il Caso Amicizia!!
In altre parole, certi protosardi comunicavano con gli extraterrestri mettendosi sopra i nuraghi o in un altro luogo dove regnava il silenzio, stesi col corpo nudo su una pietra levigata, in linea con le stesse che emanano energie cosmiche capaci di essere ricevute dai recettori umani. Oltre a ciò occorreva una grande concentrazione che consentiva di ricevere questi suoni muti”.
Questo materiale, andrebbe preso sul serio, non solo affinché possiate conoscere, ma anche affinché possiate seriamente sperimentare di persona cosa significhi tutto ciò.
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