IL POPOLO DEI BANTWANA, I FIGLI DELLA STELLA ROSSA
"Un giorno mentre viaggiavo lungo il fiume Zambezi, quando giunsi ad una fattoria di cui mi avevano parlato le persone che avevo incontrato nei villaggi. Mi fu detto che in questo piccolo villaggio, avrei trovato alcune delle persone più sagge nel territorio, persone che rivendicavano antenati tra creature che si dice siano venute da una stella rossa nota come Liitolafisi; la stella rossa il cui nome significa l’occhio della iena marrone, è la stella, o meglio il pianeta, che i bianchi chiamano Marte
CREDO MUTWA: I BANTWANA SI DEFINISCONO I FIGLI DELLA STELLA ROSSA (MARTE)
"Un giorno mentre viaggiavo lungo il fiume Zambezi, quando giunsi ad una fattoria di cui mi avevano parlato le persone che avevo incontrato nei villaggi. Mi fu detto che in questo piccolo villaggio, avrei trovato alcune delle persone più sagge nel territorio, persone che rivendicavano antenati tra creature che si dice siano venute da una stella rossa nota come Liitolafisi; la stella rossa il cui nome significa l’occhio della iena marrone, è la stella, o meglio il pianeta, che i bianchi chiamano Marte.
Volevo incontrare questi saggi e quando giunsi a questa fattoria, una collezione di capanne di erba e legno, protette da una staccionata di legno, vidi un numero di donne e bambini che vi stavano dentro ed erano vicini al cancello.
Mi sorridevano e i loro sorrisi divennero più grandi quando mi avvicinai al cancello. La donna che vi era più vicina si spostò leggermente a sinistra giungendo cosi ad essere nel centro del cancello aperto.
I miei occhi andarono ai suoi piedi e ... tutto il coraggio mi venne a mancare e quale codardo che sono, mi voltai e scappai, seguito da forti risate di donna. Sul viottolo polveroso che portava al cancello, avevo mollato tutte le mie cose, la borsa e il bastone. Stavo correndo lontano, come un grasso scimmione, alla ricerca di un rifugio sicuro nella verde boscaglia.
La donna rise e rise tanto e quando gettai uno sguardo sopra le mie spalle, li vidi uscire a prendere le mie cose e portarle nel villaggio. Non avevo mai visto una cosa simile, come quella che vidi quel giorno e che aveva fatto si che fuggissi via come un idiota che scappa da un incendio.
La donna che era nel centro del cancello e che mi guardava, aveva solo due grandi dita dei piedi su entrambi i piedi. Era come se stessi guardando dei piedi di qualcuno che non era un essere umano, ma un mostruoso uccello uscito da folklori e leggende.
Pieno di vergogna andai verso un albero e vi stetti sotto tremante di paura ma non appena mi fermai lì, arrivò un gruppo di uomini dal villaggio, che veniva verso di me ridendo e sorridendo. Quasi tutti loro avevano solo due dita dei piedi su ogni piede. Non portavano scarpe e nella polvere africana, I loro piedi facevano veramente paura.
Venendomi incontro, mi circondarono e mi dissero “non avere paura di noi, siamo persone come te. Cosa ti ha spaventato cosi tanto?”. Incapace di rispondere, la mia faccia divenne rossa di vergogna e imbarazzo, gettai lo sguardo ai loro piedi e.. esplosero in una risata.
Questo il modo in cui incontrai la tribù dei Bantwana, che significa figli/bambini. Una tribù che afferma che i suoi antenati remoti erano un Uccello, come le persone che venivano dalle stelle e che si accoppiarono con donne terrestri, producendo esseri con due dita dei piedi. Il popolo dei Bantwana mi diede il benvenuto nel villaggio, e per tre mesi, ai piedi di due dei loro anziani, imparai cose che mi lasciarono pietrificato per la sorpresa..
I Bantwana sono un popolo timido, che in tempi antichi soffrì della persecuzione per mano delle genti di altre tribù, ma quando a loro piaci e si fidano di te e provano per te compassione, ti dicono cose che ti colmano di enorme sorpresa.
Ti dicono che ci son 24 pianeti abitati, nell’area dello spazio…"
Traduzione a cura di: Crisitina Bassi
Chi è Credo Mutwa
Vusamazulu Credo Mutwa è nato il 21 luglio 1921 in Sudafrica, precisamente nella regione di KwaZulu-Natal. Suo padre era un ex catechista cattolico dal quartiere Embo vicino Inanda. Sua madre era discendente di una stirpe di uomini medicina Zulu e custodi della tradizione tribale. I suoi genitori si separarono poco dopo la nascita di Vusamazulu, perché sua madre rifiutò di convertirsi al cristianesimo. Mutwa fu educato dal nonno materno, un uomo di medicina: ha appreso alcuni dei segreti trasportando i pesanti bagagli del nonno.
Nel 1928 Vusamazulu si trasferì nel Transvaal col padre. Viveva in una fattoria vicino a Potchefstroom, dove suo padre lavorava. Dopo venti anni trascorsi a lavorare nelle fattorie, il padre trovò lavoro in una delle miniere di Johannesburg come falegname. Mutwa iniziò a lavorare nel 1954 in un negozio di oggettistica a Johannesburg.
Durante una visita a sua madre e suo nonno in Zululand, dopo trent'anni di assenza, abiurò la fede cristiana che gli era stata imposta e subito dopo una cerimonia di purificazione iniziò l'addestramento come un uomo di medicina.
Anche lui ha assunto l'incarico di custode della tradizione tribale in caso di morte del nonno. Mutwa ha scritto racconti africani che affondano le loro radici nella tradizione orale della cultura Zulu. Due raccolte molto note di queste storie sono Indaba My Children (del 1966) e Il mio popolo: gli scritti di uno stregone Zulu (1969). Un altro libro molto famoso è il Canto delle Stelle dal quale abbiamo estratto alcune parole...
Il testo che state per leggere è tratto dal libro "Il Canto delle Stelle" di Credo Mutwa.
"I nostri antenati non aspettavano che la Storia li catturasse, ma andavano direttamente al suo assalto e la rendevano loro schiava. Essi creavano ed erano l’impersonificazione della Storia stessa."
Secondo le tradizioni africane, fu una donna, Iyaya la bella, a scoprire l’esistenza del Grande Spirito. Fu quando la gente viveva ancora sul Mondo Rosso dove era stata creata e scoprì Dio, un’entità senza forma, senza tratti e senza fine, con cui nessuno poteva discutere. Per potere affrontare il mistero di Dio, l’uomo ricondusse quel mistero a una figura riconoscibile e quindi comprensibile: l’immagine di una famiglia umana, con un Dio Padre noto al mio popolo Zulù con il nome di Unkunkulu, “il più Grande dei Grandi”, una Dea Madre chiamata Nomkumbulwana, “il fiore dei Molti Campi” , e un Dio Figlio, detto in Zulù Umvelinangey, “il Primogenito dell’Onnipotente”.
"Al pari dei bambini, la gente ha bisogno di immagini delle divinità per poter affrontare meglio l’inconcepibile."
C’è per esempio l’albero cosmico Sima-Kade, che significa Colui che è per sempre, Colui che è sempre stato, Colui che sarà sempre. Quando penso a lui, mi sento in connessione e so che abbraccia ogni cosa. I miei fratelli e le mie sorelle sono frutti di quest’albero, al pari di tutte le creature viventi. E così, ogni volta che vedo un albero mi torna in mente Sima-Kade.
Al giorno d’oggi gli uomini mettono in ridicolo Dio, ridono dell’altissimo, negano la sua esistenza, e dopo avere percorso un cerchio completo ricominciano ad accettare che possa esserci un Dio in questo universo.
"Un‘azione intrapresa oggi può dare inizio a un’intera serie di avvenimenti nel futuro, così come un gesto evitato oggi può evitarne molti altri."
Siamo poveri di spirito perché soprattutto di recente l’umanità si è concentrata troppo sul lato materialistico della vita. Solo ora la gente comincia a esplorare settori come telepatia e telecinesi e la comunicazione tra esseri umani e piante comincia ad essere accettata . Che cosa abbiamo fatto in tutto questo tempo? Possiamo accettare il fatto che la nostra vita spirituale così poco evoluta ci abbia imprigionati, limitandoci al semplice sviluppo tecnologico? Non possiamo aumentare la nostra conoscenza perché non sappiamo nemmeno come usare quella che abbiamo già a disposizione.
Accogliete questi insegnamenti: siamo tutti fratelli e sorelle, figli di un unico padre e di un’unica madre; tutti gli esseri umani sono connessi tra loro; condividiamo pensieri e sentimenti riguardanti il mondo, il futuro e noi stessi; le immagini e i sogni che abbiamo nella mente e nel cuore hanno grande importanza. Trattate con gentilezza i bambini e gli animali e trasmettete questa saggezza alle generazioni a venire: vi assicuro che ci sarà un tempo in cui nostri nipoti o i nostri bis-nipoti vivranno in un mondo di bellezza e armonia. Sentiranno una musica lontana, splendida e cosmica, che li solleverà al di sopra di ogni paura, sofferenza o limitazione, unendoli in una fratellanza universale, oltre questo piccolo mondo con i suoi sogni spaventosi. Quella melodia li condurrà sempre più vicini gli uni agli altri con il suo messaggio di speranza e cambiamento. Quella musica è il canto delle stelle.
Indaba
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