Fonte: Staff Climatrix |
Si affinano le tecniche utilizzate dal governo italiano per riuscire nell'intento di controllare l'ultimo mezzo di informazione, fruibile dalla popolazione italiana, non ancora controllato appunto dal governo in carica. Dopo vari tentativi fallimentari, pieni zeppi di ignoranza informatica, come alcune bozze di legge per la rintracciabilità di ogni utente che commenta un qualsiasi contenuto online o tentativi di affibiamento di resposabilità legali per i bloggers, sembra che a questo punto per il governo non resti che cambiare tattica ma sempre sguazzando nell'ignoranza, probabilmente per rendere queste vicende meglio comprensibili al cittadino medio italiano.
Apparentemente la tattica utilizzata punta a non penalizzare direttamente gli utenti finali ma piuttosto i provider stessi che erogano i servizi utilizzati dai "netcitizen", manovre atte a oscurare siti internet obbligando i provider di accesso alla rete a modificare i database dei loro dns e per ultimo attaccare direttamente i maggiori servizi di condivisione di contenuti multimediali.
Indirettamente le soluzioni adottate dal governo mirano a portare più rischi che interessi nelle aziende che vogliono investire in servizi web utili all'utente/cittadino, poichè quest'ultimo potrebbe servirsene in maniera "impropria".
Parliamo di questa sentenza, tre dirigenti Google sono stati condannati dal Tribunale di Milano, il fornitore di un servizio web è stato ritenuto colpevole per aver ospitato contenuti prodotti e caricati da terzi (gli utenti/cittadini). "Non era mai accaduto nulla di simile, in alcuno dei Paesi ove Google o altre aziende concorrenti operano" riporta www.ilsoftware.it. Il fornitore in questione è addirittura Google, ora la vicenda fa sorridere se si pensa che paesi più repressivi come la Cina non hanno mai sentito la necessità di operare in questo senso. Fa sorridere anche e forse soprattutto se si osserva come la sentenza è stata applicata tenendo presente il campo di cui si sta parlando, sarebbe impossibile un controllo su ogni contenuto caricato dagli utenti, la media di ore di filmati caricati sul solo Youtube sono di circa 20 ore. Business Insider definisce la sentenza di "una stupidità imbarazzante", mentre l'autorevole blog TechCrunch, chiede che "qualcuno spieghi al giudice italiano che cosa è YouTube".
Per chi non conoscesse ancora la vicenda rimandiamo a questo link.
Ricordiamo soltanto che il video viene caricato su Google Video l'8 settembre 2006. Google lo rimuove il 7 novembre.
In sintesi il tutto si traduce in poche parole, il maggior fornitore di servizi web è legalmente responsabile (unicamente in Italia) dei contenuti caricati dai suoi utenti, ciò significa che: non solo Google ma qualsiasi altro fornitore di servizi e soprattutto provider o piattaforme di condivisione appena nate (quindi ancora fragili economicamente) non saranno invogliate nell'investire o nel continuare progetti o erogazioni di servizi nel nostro paese. Va sottolineato, come riporta anche ZDnet che si è creato un precedente giuridico, cosa che non andrebbe sottovalutata.
Google stesso, dopo aver ricordato di aver rimosso il video in questione non appena ricevuta la segnalazione (provvedimento a norma con le direttive europee), si è pronunciato con toni pesanti e apparentemente preoccupati "Ci troviamo di fronte ad un attacco ai principi fondamentali di libertà sui quali è stato costruito Internet […] siti come Blogger o YouTube sono ritenuti responsabili di un attento controllo di ogni singolo contenuto caricato […] il Web come lo conosciamo cesserà di esistere" (link).
Ma questo non è tutto, l'utimo protagonista penalizzato in questa vicenda indovinate un pò chi è?..si! siamo proprio noi, se si riduce l'erogazione di questi servizi nel nostro paese si ridurrà anche la quantità e quindi qualità dei contenuti inseribili dagli utenti e pertanto la libertà di scelta e diffusione di contenuti/informazione sul web stesso.
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