Consapevolezza?
Sarebbe molto più semplice non conoscere, non rendersi conto.
Reagire, semplicemente agli avvenimenti che ci accadono, nel momento in cui accadono. Conservando quello stupore per le cose che alla fine salva la vita.
Rendendola più leggera.
Non intuire il senso e le intenzioni che stanno dietro agli accadimenti ci consegnerebbe un mondo forse più accettabile, di cui scopriremmo le eventuali brutture solo all'ultimo momento, quando e se accadessero proprio a noi.
Ammesso che incrociassero la nostra strada.
In fondo è il modo in cui accetta di vivere la stragrande maggioranza delle persone...non sapendo o forse fingendo di non sapere, quali siano le “regole del gioco”.
Forse è per questo che spesso le “Cassandre” finiscono bruciate proprio da quelli che vorrebbero mettere in guardia, da coloro che amano, perchè la gente non vuole sapere, ha quasi paura di pensare, di rendersi conto.
Facendolo, acquisendo coscienza diverebbe impossibile, come lo è per “Cassandra”, ignorare l'evidenza delle trappole, fare finta che i pacchiani specchi per catturare le allodole che li circondano non esistano. Perchè essi sono lì evidentissimi, ripetitivi, sempre uguali a se stessi, evolvono le loro tecnologie ma la sostanza resta la medesima.
Dovrebbero prendersi la responsabilità di esistere, di essere, di decidere per la propria vita. Questo potrebbe persino significare d'accettare la sfida di essere diversi, di essere altro che non massa, neri fra pecore bianche.
Sembrano invece rifiutarsi tenacemente di comprendere la banalità che milioni di pecore nere incazzate cambiano il loro mondo.
La sfera in cui avviene questo non è solo e necessariamente pubblica, non riguarda solo la politica spicciola, la relazioni sociali, ma anche e soprattuto privata, spirituale.
I rapporti fra le persone e con il superiore.
Si preferisce andare dove vanno tutti e fare quel minimo che dà apparenza piuttosto che accettare il rischio di farsi domande e di cercare dentro di sé le risposte...che sono lì, innegabilmente e per tutti, affidando alle banalità superficiali il compito di risolvere il nostro rapporto con il superiore, con il prossimo ed il divino.
Davvero non ci rendiamo conto di quanto questo sia ipocrita?
Forse sì, non posso credere che non ci attraversino pensieri chiarificatori, sono sicura che esistano in tutti, ma è molto più semplice risolvere ogni dubbio ed esigenza con dei riti quotidiani e famigliari. Con rapporti formali e consolidati, rituali e privi di complicazioni.
Accettando la certezza di un'assoluzione plenaria, che ci perdona e non ci chiede di prenderci la responsabilità di migliorarci e crescere, che non ci chiede di comprendere cosa significhi amare il prossimo, che non ci chiede alcun sacrificio che non sia un obolo, un elemosina.
Ed allora mi chiedo perchè, spesso, in me ed in molti altri esista il bisogno di svolgere questo scomodissimo ruolo delle “Cassandre”.
Non sarebbe più semplice tenerci la nostra consapevolezza ed avviarci verso un superiore livello vibrazionale e di coscienza...consapevoli dell'impermanenza e del continuo ritorno?
Consapevoli del fatto che il divino resti ineffabile, indescrivibile ed incredibilmente più comprensivo ed amorevole di quanto ogni descrizione d'uomo possa narrare?
Ho compreso che fa parte del sentirsi vivi, del cammino che stiamo percorrendo. Io non riuscirei a pensare di non prendermi la responsabilità, di non dire, descrivere e condividere quel che sento e vedo...quel poco che mi pare, a fatica di capire. Lo faccio per me, perchè l'amare ed il dare mi aiutano a “diventare completa”, mi aiutano a compiere il mio percorso.
Allora devo ringraziare le nebbie di Maya perchè stanno lì per essere diradate? Pare di sì, nonostante la rabbia e lo sconforto che così spesso mi prende, nonostante la stupidità che pare circondarmi, nonostante Kali Yuga.
Rosa
Namastè
http://eliotroporosa.blogspot.com/2011/09/consapevolezza.html#more
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