CLIMATEGATE – IL METEOSCANDALO DIFFICILE DA INSABBIARE East Anglia Climate Research Unit (CRU),
DI ERREQU
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Colpo di scena metereologico! Ignoti hackers hanno rubato un archivio di emails di scienziati impegnati della diffusione della tesi del riscaldamento globale causato da attività umane, e le hanno rese pubbliche. Sorpresa: in privato gli scienziati non condividevano le loro opinioni pubbliche, e discutevano come tacitare gli scienziati che dissidevano sull’argomento….
E’ uno scandalo di proporzioni notevoli quello che sta montando nel vero teatro moderno dell’informazione – Internet – e di cui hanno iniziato ad occuparsi alcuni (pochi) grandi media, alcuni seriamente, altri cercando di insabbiare (vedi i vari video in calce all’articolo). Migliaia di email private sono state rese pubbliche, nelle quali importanti scienziati che pubblicamente sostengono a spada tratta la tesi del riscaldamento globale causato dall’uomo, tradiscono in privato opinioni ben diverse, e si confidano di falsare i dati per rafforzare le loro teorie. Non si tratta di scienziati qualunque. Sono scienziati della università della East Anglia Climate Research Unit (CRU), riconosciuta come una delle istituzioni in prima linea nel mondo nella scienza della metereologia e dello studio del riscaldamento globale antropogenico. Insomma, si tratta dei vate che ci illuminano sulle catastrofi climatiche che inevitabilmente ci attenderebbero, e ai quali abbiamo sempre creduto perché dopotutto di chi ci si dovrebbe fidare, se non degli scienziati più autorevoli al mondo nella loro materia?
Peccato che dalla lettura delle loro email private adesso si evinca che pur di sostenere la loro tesi essi siano giunti a falsare i dati, una bestemmia scientifica in grado di discreditare completamente e per sempre qualsiasi scienziato. E si tratta scienziati di spicco, finanziati (fra l’altro) anche dal Dipartimento Statunitense dell’Energia (nonostante l’istituto faccia capo a Londra), e fortemente implicati nel IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change). L’istituto ormai sputtanato si difende dalle accuse, sostenendo che la tempistica dell’attacco sia finalizzata a screditare la imminente conferenza di Copenhagen sul tema. Può essere, ma la sostanza delle emails non cambia. Qualcosa puzza, e di sicuro abbiamo la dimostrazione che non ci si può fidare neppure dei più rispettati scienziati, anzi soprattutto dei più rispettati scienziati, poiché rispetto e denaro vanno solitamente a braccetto, e a decidere quale tesi scientifica debba venire “dimostrata” dagli scienziati “rispettati” è ormai quasi sempre il committente, colui che paga, come le “spiegazioni scientifiche” ufficiali sui motivi dei crolli delle torri dell’11 settembre ha già ampiamente dimostrato.
Il riscaldamento globale ad opera dell’uomo è quindi solo una bufala, un mito creato ad arte finalizzato a bloccare lo sviluppo del terzo mondo e la salvaguardia delle risorse residue (quelle sì, in esaurimento), nonchè un pretesto per l’inizio dell’introduzione di un sistema di tassazione globale e transnazionale (a partire dalla cosiddetta “carbon tax”), prodromo dell’avvento di un governo mondiale? Non balzerei a conclusioni affrettate, ma neppure lo escluderei in partenza. La lezione da trarne è che in assenza di dati certi lo scetticismo va esercitato a 360° e sospendere il giudizio fino a quando non se ne sappia di più. Ma saperne di più in questo caso è reso difficile dal fatto che come abbiamo visto non puoi credere neppure ai dati presentati dai più autorevoli scienziati.
Nelle emails incriminate si discute anche su come emarginare, isolare e censurare gli scienziati scettici rispetto alla tesi del riscaldamento globale. E’ curioso che a smascherare la disonestà intellettuale di tali scienziati non siano stati i servizi segreti di alcun paese, bensì dei semplici hacker, che hanno poi reso disponibili i files su un server russo. E’ probabilmente la prima volta che un hacker riesce dove tutti i giornalisti e servizi segreti del mondo falliscono - scoprire una verità importante e ben celata e rivelarla al pubblico. Questa primizia è intensamente surreale, poiché l’hacker è tipicamente un’entità anonima, una presenza veggente, ma invisibile, nel Villaggio Globale. Dobbiamo quindi abituarci all’idea dell’hacker come il superdio dell’informazione, un Robin Hood Ontologico che ruba le informazioni ai ricchi delle stesse per distribuirle ai net-peones, gli ignoranti globalvillici, cioè noi? Ad Elio e le Storie Tese l’ardua sentenza (chi altri rimane, quando non si può più credere a scienziati e telegiornali? E anche dei posteri mi sa che c’è poco da fidarsi…)
Originariamente pubblicato su Edicola Punto Biz
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