Alert - Nibiru is coming

Il Pensiero di Angeli in Astronave

Angeli in Astronave è distaccato da tutti coloro che professano amore…e in realtà guadagnano con la sapienza che non gli appartiene… ribadisco …nomi altisonanti … artefatti di strani effetti speciali …visivi o non… strumentalizzare… gruppi di appartenenza…donazioni … plagio… bugie da effetto… mancanza di umiltà… falsi nel pubblico…violenti nelle mura domestiche… guru e maestri …diffidate da ogni cosa artefatta… l’Amore unisce in semplicità…non ha bisogno di una carta scritta…la Verità non si vende ne si compra…fatene tesoro… Dolbyjack!

"Con riferimento al Decreto legislativo 9 aprile 2003, n.70 che si occupa di Attuazione della direttiva 2000/31/CE. Facendo anche riferimento al libro verde sulla tutela dei minori e della dignità umana nei servizi audiovisivi e di informazione COM (96) 483, il presente sito web: (Angeli in Astronave) è fruibile a soli Maggiorenni e pertanto proibito a tutti coloro che siano sofferenti psichici o vulnerabili ad informazioni di questo tipo e quindi influenzabili dal punto di vista psicologico.”

Buona Navigazione Cari Angeli, Namasté..

Video Discosure-Nibiru e Mauro Biglino

Riflessioni

La dottrina e pratica più blasfema della Chiesa Cattolica è quella della transustanziazione e del sacrificio della messa. La transustanziazione (fatta dogma dal concilio Lateranense IV nel 1215, elaborata in seguito da Tommaso d'Aquino e sancita definitivamente dal Concilio di Trento) insegna che: il pane e il vino, al momento della consacrazione vengono dal sacerdote cambiati nel corpo e nel sangue di Gesù Cristo (ogni giorno quindi vengono all'esistenza migliaia e migliaia di nuovi Gesù). La Scrittura insegna che nella cena c'è solo la presenza spirituale di Gesù (Luca 22:19-20; Giovanni 6:63; 1 Corinzi 11:26). Inoltre, nell'adorazione dell'ostia, la Chiesa di Roma adora un dio fatto dalle mani di uomini. Questo è il colmo dell'idolatria, ed è completamente contrario allo spirito del Vangelo che richiede di adorare Dio in spirito e verità (Giovanni 4:23-24). Carlo Fumagalli ex prete ed antropologo

Rasoio di Ockam suggerisce che: "tra varie spiegazioni possibili di una data osservazione, quella più semplice ha maggiori possibilità di essere vera".

DA QUANDO E' DIVENTATO REATO AVER CARA LA VITA?

"Nessuna causa è persa finché ci sarà un solo folle a combattere per essa".

Disclose.tv - ANONYMOUS MESSAGE TO NASA ABOUT ETS
http://www.disclose.tv/action/viewvideo/104638/ANONYMOUS_MESSAGE_TO_NASA_ABOUT_ETS/ Agenzia spaziale più importante del mondo, ti abbiamo osservato e ascoltato per molto tempo, siamo contrariati dalle tue costanti smentite e insabbiamenti, sappiamo tutti i tuoi piccoli e sporchi segreti e i trucchetti che usi. Sappiamo come hai falsato tutte le immagini della superfce dei pianeti e dei satelliti che li circondano, sappiamo come hai falsato e nascosto la verità al mondo. Ora abbiamo abbastanza filmati immagini e informazioni che tu non hai. Saremo capaci di mostrare la verità e lo faremo presto, pensi che stiamo bleffando? allora ascolta, la complessità della loro abilità è incomprensibile[...]l'ormeggio dei loro veicoli sembra molto NASA(non diciamo di più) è per i tuoi trucchi?Sappiamo anche come hai rilasciato strani fotogrammi che mostrano dischi che visitano e poi lasciano la terra e hai consigliato agli astronauti di menzionare volta per volta gli ufo, questo è per far credere che sai molto poco di quello che stà accadendo (mentre altri pensano di aver trovato la verità) ma in realtà la verità è così incomprensibilmente vasta e così semplice che sfugge anche ai migliori dispositivi e menti. Ora, sai che facciamo sul serio. Ora ci rivolgiamo a tutti i cittadini del mondo, le entità extradimensionali non sono malvagie come vogliono farvi credere, al contrario, hanno creato il nostro universo quindi sono presenti da prima di noi, non c'è nienti di cui temere, questo è l'inizio della rivoluzione spirituale ed evoluzione della specie umana Traduzione per Angeli in Astronave Raffaele V.

martedì 4 maggio 2010

martedì, maggio 04, 2010

Lettera di Igiaba Scego a Napolitano

A dicembre in questo postavevo parlato dell'interessante trasmissione Black Italians diIgiaba Scego. Conoscevo già Igiaba Scego come scrittrice.

Questa sua lettera, il cui testo riporto di seguito, mi ha fatto riflettere molto.

Caro Presidente della Repubblica sono una cittadina di questo paese, mi chiamo Igiaba Scego, classe ‘74 e volevo informarla che mi sto arrendendo. Tempo fa Lei ha rincuorato i precari, i disoccupati, i ricercatori senza affiliazione a non gettare la spugna. Ci ha detto «Coraggio non vi arrendete. Non uscite dall’Italia». Ci ha rivolto parole dolci e sincere. Purtroppo Signor Presidente io mi sto arrendendo. E vorrei tanto avere quel coraggio che ho sentito nelle sue parole. Ma questi sono giorni molto difficili. Temo di non essere la sola a sentirsi così. Faccio parte, e non è una vuota statistica, di una generazione a cui sono state tarpate le ali. Sono una precaria della cultura. Sto diventando una precaria della vita. Sono settimane che penso a lei. Mi sono detta «Il nostro Presidente deve sapere». Mi sono chiesta per settimane come ci si deve effettivamente rivolgere al Presidente della nostra Repubblica. Alla fine ho optato per un Caro Presidente perché la parola caro è una parola legata all’intimità della sua figura che ci è padre (e sempre amico), ma anche all’intimità della disperazione quieta che le sto per illustrare. Io sono figlia di somali nata a Roma. Sono cittadina italiana. La Somalia il paese dei miei genitori, della mia altra lingua madre, della mia pelle, delle mie tradizioni più intime si è liquefatto. La Somalia come stato non esiste più dal 1991. La guerra ci sta portando all’apocalisse, alla fine di ogni sogno. Ma ecco la perdita della Somalia mi ha fatto capire quanto invece è importante per me fare qualcosa, anche piccola, per salvare l’Italia e i sogni della mia generazione. Ho due paesi. Uno l’ho (momentaneamente spero) perso, l’altro non lo voglio perdere. Ma come fare Signor Presidente? Come fare a non arrendersi quanto tutto sembra remarci contro? Io non voglio partire, non voglio fare il cervello in fuga. Non voglio scrivere l’ennesima lettera ad un giornale della persona che non ce la fa più e chiude baracca e burattini per tentar la sorte all’estero. Non voglio rinunciare al sogno di poter fare qualcosa in uno dei due paesi che sento veramente mio. Ma questo precariato, questa incertezza costante, mi stanno uccidendo… letteralmente. Ho un curriculum d’eccellenza, ma non serve. Sto cominciando ad avere problemi di salute per le troppe preoccupazioni. Tempo fa un amico di famiglia mi ha chiesto: «Ma tu, per lo stato italiano, cosa sei?». E poi: «Che lavoro fai?». Ho cercato di cavarmela con la solita parola: «Precaria». Ma lui ha chiesto «dettagli». Ho blaterato alcune cose. «Ho finito un dottorato di ricerca. Sono una scrittrice, una giornalista, una ricercatrice senza affiliazione. Sono letta. Collaboro con alcune riviste e alcuni giornali. Faccio mediazione culturale nelle scuole. Ho tenuto lezioni anche in un carcere minorile». Insomma, mi sono messa a fare una lista: «Lo sai che anche all’estero fanno tesi su di me?» ho detto. Ho cominciato a descrivere il mio personale arcipelago di lavori. La via crucis dell’essere precario. Nella speranza che l’amico rimanesse impressionato e la smettesse con le sue domande moleste che, a ogni sospiro, rischiavano di far crollare il castello di carta che m’ero costruita, ho aggiunto che sono laureata, ho fatto un corso di specializzazione, un master universitario, uno stage alla Radio vaticana, due programmi per radio Tre, e che vanto una collaborazione attiva con i giovani studenti del centro sociale Esc. E non mi sono fermata lì. «Ho lavorato in teatro. Scritto saggi. Ho tradotto opere dallo spagnolo». E visto che intendeva aprire di nuovo la bocca, ho continuato: «Conosco il lavoro duro, proletario, perché ho fatto la barista, ho venduto scarpe dietro una bancarella, ho venduto dischi, fatto la hostess nei convegni, l’animatrice con gruppi di bambini». Insomma ho parlato tanto. Mi si è seccata la gola. L’amico di famiglia aveva una domanda di riserva. Quella che temevo più di tutte: «Ma ci vivi con tutta ‘sta roba?». Potevo forse mentirgli? Gli ho risposto: «No, non ci vivo. Devo fare miracoli ogni mese. Vorrei un figlio un giorno, ma non ho idea di cosa gli darò da mangiare. Ora poi la mia situazione s’è fatta più drammatica: c’è la crisi e il poco lavoro». Signor Presidente ho un cervello e delle competenze, ma mi riterrò fortunata, se trovo un call center per sfamarmi nei prossimi mesi. Perché, in questo paese, a una come me offrono solo stage non retribuiti. Non importa se si è preparati. Non importa se si hanno esperienza e cervello. Amo profondamente l’Italia. Ultimamente, però, è cresciuta in me una rassegnazione ai limiti della depressione più cupa. Intorno a me la gente parte. la voglia di migrare tra chi ha 30 anni cresce. L’Italia è tornata ad essere di nuovo il paese degli emigranti. L’ultima dei miei amici ad aver fatto la sua valigia di cartone è Gordana Gaetaniello. Ora sta in India. Nel suo futuro c’è l’Australia. Gordana è l’ennesimo cervello in fuga. Io l’Italia me la porto dovunque nel cuore. Sembra romantico detta così. Ma di fatto è quello che sento. Mi scorre nelle vene. Come la Somalia del resto. Il Bel Paese non sta bene caro Presidente. È un malato grave, ma come dico sempre agli amici non è terminale. Possiamo riprenderci e avere un’altra chance. Io vedo un paese pieno di potenzialità. Gente capace, tante idee, voglia di fare. Però vedo anche il muro che hanno messo su diciamo i poteri forti (non è colpa solo della politica). Le faccio un esempio. L’università. Io ho un dottorato di ricerca e conosco tante persone piene di idee. Il sistema Italia non permette loro di fare ricerca. Molti dei miei amici hanno scelto la strada dell’emigrazione, altri hanno abbandonato il sogno e ora fanno i commessi, i camerieri o perdono il loro talento in un call center. L’Italia ha pagato per formare quelle persone e arrivati al momento della raccolta disperde questo patrimonio immenso. L’università è come un rampollo scapestrato di una ricca famiglia. Il rampollo ha tanti soldi, ma non sa spenderli bene, butta via tutto e rimane in mutande. L’università italiana è un po’ così. Il sistema è bloccato e ci sono pochi fondi. Servirebbe una riforma seria. Servirebbe aprire una questione morale autentica. Mettersi in gioco. Prendersi le proprie responsabilità. Sarebbe bello cominciare ad interrogarci su tante cose. Con onestà, trasparenza, fermezza. Io credo che il cambiamento potrà avvenire in Italia solo se si farà piazza pulita di tutti i comportamenti ambigui. Il mio più grande sogno è poter un giorno insegnare ai giovani studi postcoloniali e migrazioni. Non voglio andare via Signor Presidente. In un momento storico così delicato, dove l’Italia è cambiata, dove c’è una società multiculturale reale, un mutamento antropologico, sento che potrei fare da ponte. Spiegare quello che sta succedendo. Non voglio andare via Signor Presidente. Mi aiuti a restare. Ci aiuti a restare.

Pubblicato il 30 aprile 2010 dall’Unità (pagina 10) nella sezione “Economia”

Grazie a Dioniso di "Blogghetto", trovo questa lettera toccante, una donna somala, che scrive , che al nostro Presidente della Repubblica che parla di questione morale , di onestà, trasparenza e capacità di assumersi le responsabilità.

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