Milioni di buchi neri
a cura di Vincenzo Zappalà
L’Universo primitivo era già ricco di buchi neri al centro delle galassie in formazione. Questo risultato, ottenuto grazie a osservazioni di Chandra, indica che essi sono “cresciuti” insieme alle strutture che li ospitano e fanno pensare che il loro numero fosse ben 10000 volte maggiore di quanto si pensasse.
Gli astronomi hanno ottenuto la prima evidenza diretta che i buchi neri erano già comuni nell’Universo primitivo attraverso quello che viene chiamato CDFS (Chandra Deep Field South). Esso consiste nel puntare il telescopio nella stessa regione di cielo per oltre sei settimane. L’immagine che segue mostra una piccola sezione di questo “campo”, sovrapposto a dati dello Space Telescope. Le galassie localizzate come attive da Chandra sono colorate in blu.
In questo modo si sono potute investigare circa 200 galassie lontane, relative all’Universo compreso tra 800 e 950 milioni di anni dopo il Big Bang. Le galassie di questo tipo individuate da HST sono mostrate nell’immagine all’interno dei cerchietti gialli.
Chandra è riuscito, grazie all’estrema precisione nel determinare la direzione delle sorgenti X, a localizzare quelle attive, ossia che mostrano un buco nero al loro interno. Dopo calcoli estremamente raffinati e estrapolando il risultato ottenuto sul campo investigato, se ne deriva che oltre il 30% delle galassie lontane contengono buchi neri supermassicci che stanno crescendo con la loro galassia. Questo vuol dire che in tutto l’Universo, di età inferiore al miliardo d’anni, dovrebbero esserci stati almeno 30 milioni di buchi neri, un numero che supera di 10000 volte quello ipotizzato in precedenza.
Chandra si mostra ancora una volta veramente fondamentale per lo studio dell’Universo più antico.
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