Due ricercatori della Duke University e della Rutgers University hanno sviluppato un modello matematico che ha loro permesso di indicare il modo in cui gli astronomi potrebbero verificare sperimentalmente l’esistenza di una quarta dimensione spaziale del nostro universo, quale è prevista dalla teoria cosmologica delle brane.
CACCIA ALLA QUARTA DIMENSIONE SPAZIALE
Questa è una variante della teoria delle stringhe sviluppata da Lisa Randall dell’Università di Harvard e da Raman Sundrum della Johns Hopkins University ed è in competizione con la teoria generale della relatività che contempla solo tre dimensioni spaziali, più una temporale. Secondo la teoria delle brane l’universo visibile sarebbe una sorta di membrana (da qui l’abbreviazione “brana”) che fluttua in un universo a cinque dimensioni, così come la superficie bidimensionale di una bolla di sapone fluttua nel nostro spazio a tre dimensioni.
Secondo Charles R. Keeton e Arlie O. Petters, che firmano un articolo apparso su "Physical Review D", le conseguenze matematiche che essi hanno tratto dalla teoria avrebbero precise controparti sperimentali, controparti che potrebbero essere osservate dai satelliti astronomici di cui è previsto il lancio nei prossimi anni. Il particolare, la teoria delle brane predice la sopravvivenza fino ai giorni nostri di buchi neri”molto piccoli che si sarebbero formati ai primordi dell’universo; sarebbero essi, inoltre, a costituire la tanto cercata materia oscura. A loro volta questi mini-buchi neri dovrebbero influenzare in un modo predicibile i risultati della osservazioni dei lampi di raggi gamma. Secondo la teoria della relatività generale, questi minuscoli buchi neri dovrebbero invece essere evaporati da lungo tempo.
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