Se anche i supermarket si preparano alla fine del mondo
I prepper sono le persone che si preparano all’eventualità di un’imminente apocalisse. In America sono ora i protagonisti di una serie di documentari del National Geographic rilanciati da diverse testate. In esclusiva per l’Osservatorio Apocalittico abbiamo tradotto un servizio del canadeseThe Star sull’argomento.
Jerry D. Young ha stilato una lista e l’ha controllata due volte. Su di essa sono segnati 142 modi in cui il mondo come lo conosciamo sarebbe dovuto finire. In una crisi economica globale, o una guerra nucleare con l’Iran. In un attacco terroristico o una pandemia. O forse il “big one”, sia esso un terremoto, uragano, vulcano o tsunami. Qualunque cosa sia, Young si sta preparando. E non è il solo.
Residente a Reno, Nevada, Young è un “prepper”, un gruppo di persone sparso in tutti gli Stati Uniti, e in parti del Canada e dell’Australia, che si stanno preparando per l’apocalisse – o TEOTWAWKI (“The end of the world as we know it”, la fine del mondo come lo conosciamo). Una mania che torna a ondate e affonda le sue radici nei giorni della Guerra fredda e dell’incubo del fallout nucleare, sostiene Mike Porenta, direttore delle operazioni presso l’American Preppers Network, uno dei più grandi forum online per i preppers.
L’ultima ondata fu Y2K (l’anno 2000) e quella attuale è iniziata intorno al 2008, quando la crisi economica è esplosa negli USA, alimentata da una quantità di disastri naturali – da Haiti al Giappone. Per quanto sia quasi impossibile conoscere il loro numero, blog e network di preppers hanno conosciuto un’esplosione di popolarità negli ultimi anni. Hugh Vail, presidente dell’American Preppers Network, afferma che le vendite di beni di sopravvivenza e di cibo in scatola sono aumentate di oltre il 1000% dal 2008, con picchi dopo i principali disastri come il terremoto giapponese. E il movimento si sta ancora diffondendo, in particolare nelle periferie.
“La base si è espansa ben al di là dei cristiani più conservatori”, dice James Wesley Rawles, che ha scritto la cosiddetta Bibbia dei prepper, How to Survive the End of the World as We Know It (“Come sopravvivere alla fine del mondo come lo conosciamo”), e dirige il Survival Blog. “La gente si sta solo preparando seguendo il proprio interesse razionalistico”, sostiene. “Chiunque, guardando agli eventi dell’ultima parte del 21° secolo, pensi che non costituiscano minacce sta delirando. Come quelli che credono che la vita domani andrà esattamente come oggi. Che non ci saranno disastri. Che puoi aspettarti che l’acqua sgorghi magicamente dal tuo rubinetto ogni mattina”.
Perlopiù si tratta di fare scorte di cibi in scatola e liofilizzati e di acqua. Alcuni accumulano armi e munizioni e seguono corsi di sopravvivenza. Altri preparano i loro bunker per quando arriverà il momento di piantare tutto in asso e tagliare la corda, quando, come dicono loro, WTSHTF (“when the shit hits the fan”, ci ritroveremo nella merda). Rawles ha immagazzinato cibo e acqua sufficiente a sfamare la sua “grande” famiglia, che include sua moglie, e i due figli, di tre anni. Mentre alcuni dei suoi lettori seguono il calendario Maya, preparandosi per tutti i possibili eventi apocalittici che credono porterà con sé il prossimo mese di dicembre, Rawles sostiene che la maggior parte sono persone normali: contadini, impiegati, casalinghe e avvocati, dalla destra libertaria agli hippy. Dopo tutto, il termine “prepper” fu coniato per differenziarsi dallo stereotipo del survivalista - l’uomo barbuto e armato di fucile che vive in un bunker nei boschi.
I lettori del suo blog includono un gran numero di canadesi, sottolinea Rawles. Il Canada occidentale, in particolare, sembra essere territorio privilegiato dei prepper. E c’è un numero crescente di rivendite online di beni di sopravvivenza per i prepper canadesi, secondo Anita Broenik, che vive in una fattoria vicino Oshawa, nell’Ontario. Broenik precisa di prepararsi per emergenze quotidiane piuttosto che per l’apocalisse. Ma se la motivazione è diversa, le risposte sono le stesse: avete bisogno di un rifugio, di cibo e di un modo per riscaldare la vostra casa, ricorda.
La sua filosofia rispecchia molto da vicino quella di Sarah Luker, casalinga della media borghesia texana, più signora del dado Star che Rambo. Sarah mette da parte il cibo extra da anni, spesso inscatolandolo da sé: “La definisco una polizza assicurativa contro i tempi peggiori”. Sarah è diventata una vera prepper solo nel 2008, dopo che l’uragano Ike allagò la sua casa, costringendo la sua famiglia ad andare via. Poi è scoppiata la crisi economica e le aziende intorno a casa sua, vicino Houston, hanno iniziato a chiudere. Migliaia di persone sono state licenziate. Numero case del vicinato sono state pignorate, rendendo più importante che mai avere un nido sicuro. Come molti altri, Sarah si è ispirata a una miriade di siti web, libri, podcast e rivenditori online per i prepper. Sono disponibili centinaia di corsi di sopravvivenza per il weekend, dalla survivalismo più selvaggio al giardinaggio. Anche Costco, la principale catena di supermarket americani, si è buttata nell’affare, vendendo kit di sopravvivenza in pratici zainetti – cibo sufficiente per due settimane, coltelli, un’accetta, nastro adesivo, tenda e kit di pronto soccorso. “Non sono troppo sorpreso dal fatto che molte persone si stiano preparando”, dice Michael Lindell, editor dell’International Journal of Mass Emergenciese direttore dell’Hazard Reduction and Recovery Centre (Centro per la riduzione del rischio e il ricovero) all’A&M University del Texas. L’uragano Katrina ha davvero confermato ciò che i guru dell’emergenza hanno sostenuto per anni: per almeno 72 ore dopo un disastro devi vedertela da solo.
Ma, come l’Y2K, anche questo passerà, sostiene Lindell, aggiungendo ironicamente di coltivare una solida fede nell’abilità umana di svegliarsi quando suona la sveglia e girarsi dall’altro lato dopo aver premuto il pulsante per ritardarla. Ma sono i preparativi a permettere a Jerry Young di dormire la notte. “Mi preparo per lo scenario peggiore così che molte delle cose che accadono mi sembrano solo degli inconvenienti”, afferma Young, che è autore di romanzi apocalittici e blogger. “Più studio e imparo, più ci sono ragioni perché mi debba preparare”. Young accumula scorte di cibo e possiede una radio a doppia ricezione, kit di pronto soccorso e un equipaggiamento da campeggio, che include una tenda, un sacco a pelo e un wc portatile. È tutto conservato nel suo soggiorno, in contenitori vicini al carrello che conserva nel caso debba fuggire. Young assicura di non essere spinto dalla paura o dalla paranoia, e ammette che molti dei suoi scenari apocalittici sono improbabili. Vuole solo essere pronto nel caso in cui si sbagli.
L’originale è su http://www.thestar.com/news/world/article/1136401–why-costco-is-preparing-for-the-end-of-the-world
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