News Stefano!
Guest post: analogie tra la Francia di Re Luigi XV e l’Italia attuale. Un parallelismo nemmeno poi così folle!
Oggi volevo condividere un pensiero con voi che mi è venuto rileggendo un po’ la storia della nostra“cugina” Francia.
Da dove nasce questa mia (e forse momentanea) passione? Beh a dire il vero da un cartone animato andato in onda parecchi anni fa e che ricalcava la storia, seppur romanzata, della Francia ai tempi di Re Luigi XV e XVI. Il titolo del cartone era Lady Oscar ovviamente.
Ma a parte il cartone che desta comunque in molti aspetti un senso di déjà vu se confrontato ai giorni nostri, ho voluto tuffarmi nella storia reale.
Ebbene senza scomodare grandi storici, su internet(wikipedia) ho trovato una parte interessantissima, eccola:
Il deficit successivamente aumentò fino a 80 milioni di livres e il ministero delle Finanze venne assegnato a Charles Alexandre de Calonne.
Il nuovo ministro pensava di riorganizzare le spese del Reame e saldare i debiti di guerra coinvolgendo tutte le classi sociali. Si trovava però di fronte ad una situazione disastrosa: le entrate del 1783 erano state inferiori del previsto e in parte già spese per pagare sia i debiti di guerra, sia la macchina burocratica che i titolari degli assegni statali emessi negli anni precedenti. Calonne decise così di aumentare il costo del denaro e immettere sul mercato titoli nuovi per attirare investitori (soprattutto stranieri), incentivare l’economia con il finanziamento di opere pubbliche e la creazione di porti franchi per facilitare il commercio. Il “Controllore Generale” negoziò anche un accordo per il libero scambio tra Francia e Inghilterra affermando che spesso una politica di austerità non fosse vantaggiosa e che in realtà alcune spese potessero essere produttive.
Ma Calonne fece della spesa la sua dottrina: dopo aver saldato i debiti del conte d’Artois trattò gli acquisti dei castelli di Rambouillet e Saint Cloud per i sovrani e attinse anche al Tesoro di Stato per concedere centinaia di vitalizi ingiustificati agli amici e sostenitori. Le spese continuarono a crescere come pure il debito pubblico che ormai rappresentava il 50% del bilancio: le spese di corte, sebbene fossero il 6% (più un 2% per i vitalizi) erano quelle più appariscenti e impopolari.
Nel 1786, Calonne apprese con stupore di non poter più ottenere prestiti sui quali si era basata per buona parte la sua economia. Capì che la bancarotta si sarebbe potuta evitare solo tassando in modo equo tutte le classi sociali. Presentò al re la sua idea, venendo però aspramente criticato dalla nobiltà e il clero: era chiaro che l’eguaglianza in fatto di tasse avrebbe poi sicuramente portato all’eguaglianza civile. Luigi XVI ancora attaccato allo status quo come lo aveva sempre conosciuto esitò a varare questa e altre riforme che sarebbero state discusse all’Assemblea dei Notabili. L’Assemblea si sarebbe tenuta a Versailles, ma venne rinviata a causa della morte di Vergennes. Il re, che in quei giorni avrebbe avuto bisogno di lui, lo pianse amaramente. L’Assemblée des notables si oppose immediatamente alle proposte di Calonne. Formata principalmente da persone privilegiate era naturale si opponessero a riforme che avrebbero danneggiato i loro interessi. Il 4 aprile 1787, il presidente dell’Assemblea, l’arcivescovo Loménie de Brienne, si presentò da Maria Antonietta chiedendo la destituzione di Calonne e richiese il ministero per sé…
…La politica di risparmio cominciò a dare i suoi frutti, ma non bastò: ormai la Francia era in bancarotta.
Brienne decise, come ultima risorsa, di ricorrere alla tassazione obbligatoria di tutti i ceti sociali.
Ora se avete avuto la pazienza di leggere sin qui e non vi siete annoiati ecco che vengo al dunque (continuate a leggere però, non mollate adesso ).
Non vi sono, secondo voi, analogie con gli stati attuali? Prendiamo il caso del nostro bel paese e riproponiamo il testo in versione 2012.
Il deficit successivamente aumentò fino a 1.900 miliardi di euro e il ministero (tra cui quello) delle Finanze venne assegnato a Mario Monti dal capo dello stato non eletto dal popolo .
Il nuovo ministro pensava di riorganizzare le spese del Reame (Italia) e saldare i debiti di evasione, sperpero e quant’altro coinvolgendo tutte le classi sociali. Si trovava però di fronte ad una situazione disastrosa: le entrate del 2011 erano state inferiori del previsto e in parte già spese per pagare sia i debiti di Bot e CCT, sia la macchina burocratica che i titolari degli assegni statali emessi negli anni precedenti. Monti decise così di aumentare il costo del denaro (aumentando l’inflazione con nuove tasse) e immettere sul mercato titoli nuovi per attirare investitori (soprattutto stranieri e qui venne in aiuto anche la BCE con Mario Draghi e LTRO), incentivare l’economia con il finanziamento di opere pubbliche e la creazione di porti franchi per facilitare il commercio. Il “Controllore Generale” negoziò anche un accordo per il libero scambio tra Italia e Cina affermando che spesso una politica di austerità non fosse vantaggiosa e che in realtà alcune spese potessero essere produttive (e aggiunse che quasi la crisi era alle spalle). Ma Monti fece della spesa la sua dottrina: dopo aver saldato i debiti e fatto scendere un po’ lo Spread trattò sulle spese per l’IMU e attinse anche al Tesoro di Stato per concedere centinaia di vitalizi ingiustificati agli amici e sostenitori (banche, casta-politica, ecc). Le spese continuarono a crescere come pure il debito pubblico che ormai rappresentava il 120% del bilancio: le spese della casta politica, sebbene fossero il 6% (più un 2% per i vitalizi) erano quelle più appariscenti e impopolari.
Nel 2012, Monti apprese con stupore di non poter più ottenere prestiti sui quali si era basata per buona parte la sua economia visto che in aggiunta il PIL continuava a scendere. Capì che la bancarotta si sarebbe potuta evitare solo tassando in modo equo tutte le classi sociali. Presentò al popolo la sua idea, venendo però aspramente criticato dalla casta e dal clero: era chiaro che l’eguaglianza in fatto di tasse avrebbe poi sicuramente portato all’eguaglianza civile. Monti ancora attaccato allo status quo come lo aveva sempre conosciuto esitò a varare questa e altre riforme che sarebbero state discusse alla camera. L’Assemblea si sarebbe tenuta a Roma, ma venne rinviata a causa dei bisticci politici. Monti, che in quei giorni avrebbe avuto bisogno di lui (rivolto ad una classe politica seria), lo pianse amaramente in quanto ancora una volta la politica mostrava tutta la sua immaturità. L’Assemblea comunque si oppose immediatamente alle proposte di Monti. Formata principalmente da persone privilegiate era naturale che si opponessero a riforme che avrebbero danneggiato i loro interessi. Il 23 aprile 2012, il presidente della confindustria, Marcegaglia, si presentò da Elsa Fornero chiedendo la destituzione di Monti e richiese il ministero per sé. ..
…La politica di risparmio cominciò a dare i suoi frutti, ma non bastò: ormai L’Italia e l’Europa tutta erano in bancarotta. Monti decise, come ultima risorsa, di ricorrere alla tassazione obbligatoria di tutti i ceti sociali. Ok ragazzi forse è un po’ “forzato” il tutto perché la mia è solo una riflessione e i commenti li lascio a voi così da condividere tutti i punti di vista, però la mia osservazione è… Non vi pare che la storia si ripeta ciclicamente ma che comunque non insegni? Errare è umano, sbagliare volutamente è diabolico diceva un detto.
Hironibiki
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