In questi ultimi giorni stampa e televisioni “scoprono” improvvisamente ciò che si poteva agevolmente pronosticare oltre un anno fa. L’economia italiana, secondo solo a quella greca, è la peggiore dei paesi dell'Eurozona. L'inceppato meccanismo produttivo non riesce a sbloccarsi, “si è arenato soprattutto il Made in Italy”, ed arretra anche l’industria del turismo. Rispetto ai numeri degli anni passati, solo fra nostri connazionali oltre sei milioni hanno saltato la villeggiatura. Alla crisi dell’apparato produttivo si accoda pesantemente dunque anche quella del settore turistico con contrazioni ancora più marcate nei flussi esteri. La cosa non è di poco conto giacché negli anni passati la bolletta energetica del nostro Paese veniva saldata proprio con gli introiti valutari dei flussi turistici internazionali. Senza essere chiaroveggenti né possessori della palla di vetro, le manovre realizzate intorno all’€uro sin dagli anni passati avrebbero dovuto allertare immediatamente i nostri politici ed i grandi economisti loro consiglieri. La dubbia e timidissima ripresa economica che si cerca ora di accreditare ad ogni costo e strombazzata ad ogni stormir di fronda, per ammissione delle stesse fonti ufficiali risulta in ogni caso molto al di sotto di quella avviata nei Paesi europei nostri concorrenti e questo contribuisce ancor più a divaricare la forbice delle rispettive velocità economiche.
In questi ultimi anni i blasonati economisti sia di area governativa che d'opposizione hanno fatto dunque cilecca. La progressiva rivalutazione dell’Euro rispetto al dollaro prima, la sistematica e prolungata riduzione del TUS americano, che ha preceduto di molto quella dell'Euro, la sistematica riduzione della circolazione monetaria nel mercato nazionale interno e nel pur vasto mercato europeo, la forsennata liberalizzazione dei mercati internazionali, doveva far comprendere immediatamente ai nostri fini politici ed ai brillanti consiglieri economici, che contro l’Europa si stava scatenando, ad opera dei soliti banchieri, la stessa manovra inflitta all’Italia con la famosa “Quota Novanta”. Gli effetti di questa terapia, si sono puntualmente verificati: improvvisa perdita di competitività sui mercati internazionali, Made in Italy in particolare, crollo dei flussi turistici internazionali, fuga delle aziende produttive dal nostro territorio. La manovra è stata assecondata con il fattivo apporto della BCE, l'unica ad avere competenza e capacità decisionali in materia monetaria a causa dell'insipienza / connivenza delle forze politiche europee e nostrane, colposamente responsabili della sottoscrizione del trattato di Maastricht. In questo scenario le aziende vanno, si de localizzano, si trasferiscono all’estero e le nostre maestranze restano a guardare .... a casa.
Tutti zitti, associazioni di categoria, sindacati, partiti di governo e d'opposizione, nessuno deve parlare o affrontare simili spiacevoli argomenti. Le schiene incurvate dei nostri media sono allineate su queste posizioni, anche nel misconoscere gli inviti rivolti in passato ai nostri industriali, proprio dal nostro Presidente, di trasferire le produzioni in India, Cina, Bulgheria, ecc. Il motivo ufficiale e ricorrente è come al solito solo quello economico: abbattere i costi con ogni mezzo per essere competitivi.
Tutto risulta lecito sacrificare per continuare a far incassare ai banchieri il pizzo sugli artificiosi indebitamenti, sia pubblici che privati, e le loro tangenti imposte al mercato su ogni movimento e su tutte le operazioni bancarie, divenute tra le più care al mondo. Disperazione per perdita di posti di lavoro, fallimenti a catena, suicidi per insolvenza, sono solo considerazioni fastidiose e conseguenze fisiologiche necessarie per fare avanzare globalizzazione ed omologazioni a tutti i costi. Dobbiamo essere tutti uguali, come nel regno dei morti. Di tutto ciò nessuno parla e pare che nessuno debba o possa parlarne, almeno osservando e constatando gli atteggiamenti dei due schieramenti e dei relativi politici sia di destra che di sinistra. Nell'attuale crisi economica di unica e stretta origine bancaria e monetaria, tutti con le bocche cucite, nessuno deve nominare ed additare banche o banchieri, e tanto meno ipotizzare una loro chiamata in causa a ristoro dei malefici profusi. E' ritenuto sconveniente ed offensivo sollevare il problema del “signoraggio” incamerato dai privati banchieri, come pure denunciare le cause dell'artificiale contrazione della circolazione monetaria. Le attività produttive devono essere spellate vive, dissanguate con salassi da cavallo per pagare il pizzo alle private banche d’emissione che, grazie alla latitanza e connivenza sempre più appariscente dei nostri politici, hanno raggiunto il diritto esclusivo di monetizzare il mercato a loro piacere e fissare regole e privilegi a loro esclusivo uso e consumo. Maramaldeggia “Basilea 2”, è in preparazione “Basilea 3” che per ammissione dello stesso Mario Draghi comporterà ulteriori e più drastiche riduzioni di circolazione monetaria. La manovra a tenaglia è perfetta: la produzione deve inventarsi utili di bilancio, da prospettare ai solerti ed amorfi bancari, che viaggiano con la libretta rossa di “Basilea 2” in mano, sui quali poi rischiare di pagare le tasse, nella speranza, forse, di mantenere in essere le già asfittiche linee di credito esistenti.
I nostri politici appartenenti all'arcobaleno d'ogni colore, (ora in l'Italia va di moda il viola, sponsorizzato, come gli altri colori, da chi intende smorzare gli interessi nazionali e preservare banchieri ed affari connessi ad ogni livello) si trovano esautorati dalla loro vera funzione che è quella di amministrare lo Stato in nome e per conto dei cittadini come da regolare delega elettorale che ne legittima ed impegna la loro attività.
Dal momento che non possono occuparsi di emissione e circolazione monetaria e tutto ciò che ne consegue, scelleratamente cedute in esclusiva ai banchieri, l'Esecutivo si trova nell'impossibilità di gestire gli sviluppi dell'economia nazionale, quanto mai necessari in questi frangenti per condurre il Paese fuori dalle secche della crisi economica ed occupazionale, Non resta altro ai nostri politici che dedicarsi al perfezionamento del sistema contributivo per meglio riscuotere tasse e balzelli come se, per assurdo, ci fosse la necessità di tranquillizzare ancor più il sistema monetario (in questo senso debbono essere lette anche le esortazioni ai Governi dalle così dette “Autorità Monetarie” sui tagli di spesa) circa la regolare corresponsione degli interessi sul mastodontico debito pubblico..
In questo scenario crepuscolare, quasi cafchiano, mentre l'economia e l'occupazione si stanno sgretolando e franando, insieme all'intero territorio nazionale, alle forze politiche dai colori contrapposti non resta altro che occuparsi delle escort e dei trans dei propri reciproci antagonisti. E' vero che la compagine governativa nulla pone in essere per spronare la ripresa economica (la proroga della cassa integrazione per altri sei mesi, per altro già bocciata, ne dimostra tutta l'incompetenza), ma è altrettanto vero che a fronte delle proprie sparate demagogiche l'opposizione non è in grado d'indicare dove e come reperire le risorse necessarie per realizzare ciò che chiedono perentoriamente a gran voce.
Fortunatamente la nostra scarsa ripresa economica, paragonata a quelle dei paesi nostri concorrenti, come ampiamente riportato recentemente dai nostri organi d'informazione, non dipende da nostre incapacità, da nostre carenze organizzative, culturali e strutturali, ma semplicemente da impossibilità di reperire denaro da destinare ad investimenti, sviluppo e produzione. Gli altri paesi con un debito pubblico più basso del nostro possono continuare ad indebitarsi verso il sistema bancario-monetario per fornire liquidità e rilanciare i loro mercati e la loro produzione, noi no. Chi non è ancora sufficientemente indebitato verso la cupola monetaria-bancaria viene imbeccato con il chicco di becchime giornaliero come i polli allevati in batteria e poi ….., gli Stati finiscono per farne la stessa fine: Cile, Argentina, Islanda, Grecia, pratiche già chiuse, pratiche in corso in rapida successione: Italia, Spagna e Portogallo. Continuare ad ignorare questi segnali si è perseguibili per alto tradimento.
Sempre fortunatamente disponiamo della cultura e dell'esperienza, da noi collaudata favorevolmente in oltre cento anni d'attività, per consentirci di scongiurare ed evitare questo imminente disastro. Già nel passato siamo stati oggetti di un simile attacco, sempre organizzata dai banchieri di allora, attraverso la manovra della “Quota Novanta”.
Ne uscimmo brillantemente mediante l'emissione monetaria diretta da parte dello Stato con la quale fummo in grado di finanziare sviluppo economico, ricerca ed occupazione.
Nel 1933 la stessa manovra fu raccomandata dal grande economista Irving Ficher della famosa scuola di Ghicago al Governo degli Stati Uniti, ancora afflitto dalla grande depressione a seguito della crisi del 29.
La politica pertanto, se vuole conservare quel po’ di credibilità residua e svolgere il ruolo che le compete, deve agire con risoluzione per battere moneta in proprio e trasferire allo Stato i proventi del “signoraggio” conseguiti in nome e per conto dei cittadini. Lo Stato deve anche riappropriarsi contestualmente di tutte le leve economiche, oltre a quelle monetarie per consentire alla formazione di governo, di qualunque colore essa sia, di poter esercitare la propria attività in funzione degli obbiettivi nazionali per i quali ha ottenuto il consenso dai propri elettori. In difetto di ciò il persistere della sceneggiata elettorale non ha più alcun senso. I segnali di malessere da parte degli elettori sono già evidentissimi. Francia “docet”
L'alternativa è drammatica: o i politici, di governo e d’opposizione, ritornano ad operare per il bene comune, di tutti e di ciascuno, a salvaguardia del lavoro e della produzione italiana, compresa quella dell’ingegno, oppure il solco già vistoso con gli elettori è destinato ad approfondirsi ulteriormente con conseguenze imprevedibili. Chi non saprà o non vorrà ritornare all’espletamento corretto del mandato parlamentare è destinato, dai cittadini ancor prima che dalla storia, ad essere accantonato. Le sceneggiate e le baruffe, spesso orchestrate e finanziate dalle stesse centrali, per distrarre una parte dell'opinione pubblica, non hanno più presa e non interessano più alcuno.
Agli immancabili anatemi lanciati dai soliti economisti di sistema su queste proposte, si deve rispondere, come autorevolmente sostenuto da G. Auriti, che non è la quantità di denaro da tenersi sotto controllo bensì il rapporto costante tra circolazione monetaria e beni e servizi da misurare. Con la quantità monetaria così emessa, senza costo e non gravata da interessi, con il solo limite della creazione dei beni corrispondenti al denaro emesso, si fanno lavorare e si pagano i lavoratori disoccupati (la cassa integrazione è finita), si mette in sicurezza il territorio, si finanzia lo sviluppo, la ricerca e si realizzano le opere di pubblico interesse.
Se per tutto ciò è necessario uscire dal trattato di Maastricht, meglio muoversi subito, senza inutili ed ancora più costosi tentennamenti. Il tanto vituperato trattato di Lisbona finalmente lo consente. Sempre ai soliti economisti di sistema e all'intero mondo produttivo si riassicura che non si corre alcun rischio d'isolamento internazionale. Il club dei Paesi quali: la Cina, il Brasile, l'India, l'Argentina, la Russia, il Venezuela ed i Paesi del centro America, i Paesi arabi e quelli dell'estremo oriente ecc. legati fra loro da convenzioni bilaterali in forza delle quali scambiano i propri prodotti pagandoli con la propria moneta nazionale, saranno felicissimi d'accoglierci posto che la nostra e le loro economie, come tutti ben sanno, sono felicemente complementari.
Autore: Saviano Frigiola / Fonte: nexusedizioni.it
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