LA RESIDENZA
Il diritto alla residenza è di tutti
Autore: Paolo Morozzo Della Rocca
Media: Maddalena Igliozzi
Il diritto alla residenza è di tutti Cosa significa essere residenti in un comune? In poche parole vuole dire che la persona vive abitualmente sul territorio comunale, in genere - ma non necessariamente - dormendo ad un indirizzo preciso (non importa se un castello, un appartamento, una stanza, una casetta, una baracca, una tenda, una roulotte, una grotta, i piloni di un ponte od altro ancora). Avere la residenza anagrafica (cioè essere registrati negli archivi del Comune) là dove realmente si vive è un diritto della persona (anche se è un "senza tetto", cioè senza una casa "normale", che sia giuridicamente utilizzabile come civile abitazione). Un diritto da cui ne derivano molti altri: il diritto alle cure del servizio sanitario nazionale, il rilascio della carta di identità, il diritto all'assistenza sociale, l'iscrizione alle liste per l'assegnazione degli alloggi che il comune ha a disposizione, il diritto di voto in una serie di elezioni politiche e amministrative (quest'ultimo solo per i cittadini italiani o comunitari). Non solo i "senza tetto", ma anche le persone senza fissa dimora hanno diritto ad avere una residenza anagrafica. Se una persona gira l'Italia senza mai fermarsi (perché è un venditore ambulante, o perché riceve ospitalità due mesi in un dormitorio di Roma, altri due mesi a Milano e così di seguito per tutto l'anno) e non ha già una residenza anagrafica nel comune dove è nato o dove ha vissuto in precedenza, ha diritto a stabilire in uno dei comuni che frequenta la propria residenza anagrafica nella sua qualità di persona "senza fissa dimora".
Mentre il "senza tetto" è un residente che vive veramente nel comune dove ha la residenza, il "senza fissa dimora" è invece una persona che, per non rinunciare a una serie di diritti, elegge (cioè sceglie) la sua residenza anagrafica individuando tra più comuni quello nel quale si sente più a casa sua (e dove potrà chiedere aiuto sociale, scheda elettorale, etc. etc.). La legge impone ai comuni di iscrivere all'anagrafe sia i "senza tetto" che i "senza fissa dimora". Il "senza tetto" potrà chiedere di essere iscritto nel luogo dove abita effettivamente (ad esempio, al km. 14,2 della Via Salaria, sotto il tal cavalcavia); oppure potrà chiedere di essere iscritto come se non avesse un indirizzo proprio, assieme alle persone "senza fissa dimora", ad un indirizzo su di una strada che non esiste ma che viene scelta di fantasia dal Sindaco del comune (alcuni comuni, con ben poca fantasia, chiamano per esempio questa strada: via della casa comunale, o via del Municipio, etc.). A Roma, su iniziativa della Comunità di Sant'Egidio, una delibera della Giunta Comunale (delib. n.84 del 26 febbraio 2002) permette alle persone senza fissa dimora di iscriversi ad un indirizzo fittizio, in Via Modesta Valenti. È una via del tutto virtuale, ma allo stesso tempo reale, perché permette ai suoi residenti di non essere immediatamente identificati come "barboni", cosa che accadrebbe nel caso risultasse sui documenti di identità la residenza in Via della casa comunale, o altro di simile. Modesta Valenti era una donna che viveva alla stazione termini. Un giorno ebbe un malore ma non fu soccorsa "perché era sporca". Sempre a Roma - ma la stessa cosa accade anche in altre città, che hanno seguito il buon esempio della giunta capitolina - il Comune si è messo d'accordo con alcune associazioni di volontariato e permette alle persone "senza tetto" o "senza fissa dimora" di iscriversi all'indirizzo che queste associazioni indicano (di solito una mensa, un dormitorio, o un centro di ascolto). Si tratta di un altro modo, legittimo, di dare la residenza anagrafica a chi è senza un tetto o non dimora sempre nel comune ma lo ha scelto come suo comune di residenza. Questo però non autorizza il Sindaco (cioè gli uffici dell'anagrafe) a rifiutare l'iscrizione anagrafica alle persone senza fissa dimora che chiedano invece di essere iscritti direttamente presso Via Modesta Valenti; né, tanto meno a rifiutarla a coloro che un alloggio, anche se improprio, ce l'hanno, magari dentro una roulotte od una baracca. La residenza è infatti un diritto fondamentale di libertà (quello di scegliere la città dove vivere) e un tratto irrinunciabile della personalità (ciascuno, infatti, appartiene ad una comunità ed ha diritto a risultarne membro, anche se è povero) Se si è stranieri, poi, l'iscrizione anagrafica assume significati ulteriori, perché il suo decorso influisce sulla concessione della cittadinanza e sull'ottenimento della carta di soggiorno. Non si tratta, insomma, di un diritto di carta da sottovalutare, ma della premessa necessaria per fare della città una società inclusiva, non delimitata dal censo ma davvero universale.
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