Mentre un vulcano mette in discussione le nostre certezze riguardo ai cieli, un nuovo allarme arriva dal fondo degli oceani.
Secondo un rapporto dell’Institute of Electrical and Electronics Engineers (IEEE), è necessario studiare alternative al network di cavi sottomarini su cui viaggiano i dati che nutrono la società contemporanea, tra cui le transazioni finanziarie e la comunicazione via Internet.
La sicurezza di questa rete è a rischio – spiega il documento – e se qualcosa andasse storto si rischia l’apocalissi economica.
Il motivo è semplice: in quei “tubi” passa tanta roba importante. L’altra faccia della medaglia della loro enorme capacità, è quindi il fatto che costituiscono una strozzatura a rischio: a dicembre del 2008 la rottura di un cavo nel Mediterraneo bloccò ad esempio le comunicazioni tra Europa, Medio Oriente e Sud est asiatico per oltre 24 ore.
E’ necessario quindi creare “dorsali di backup globali” (in pratica, una rete alternativa di trasmissione dati).
“I satelliti non sono in grado di gestire lo stesso volume di traffico – si legge – la loro capacità non è neanche paragonabile”.
E il punto su cui riflettere è che il bisogno sempre maggiore di banda è soddisfatto quasi esclusivamente da cavi sottomarini. Cresce la dipendenza dalla comunicazione e più tecnologia significa quindi anche più esposizione al rischio.
Ma cosa potrebbe succedere?
Sabotaggi umani legati a terrorismo e pirateria ma anche eventi naturali o fortuiti. E in questo caso, il pensiero corre a eruzioni vulcaniche o terremoti sottomarini.
Quali sono i punti deboli della rete, quelli in cui c’è maggiore densità di cavi?
Il rapporto cita, tra gli altri, lo Stretto di Luzon a sud di Taiwan, lo Stretto di Malacca e il Mar Rosso.
Nel gennaio 2008, un’interruzione dei cavi sottomarini ha bloccato i collegamenti tra Europa e Stati Uniti, da una parte, Egitto, India e Paesi del Golfo Persico dall’altra. Risalendo nel tempo, a dicembre 2006 un terremoto al largo delle coste meridionali di Taiwan ha rallentato il traffico telefonico e internet in buona parte dell’Asia orientale.
Le ricadute di un evento simile sarebbero anche e soprattutto economiche, di tipo traumatico. Steve Malphrus della federal Reserve Usa ha scritto: “Quando i network di comunicazione cadono, non è che i servizi finanziari rallentino fino ad arrestarsi. Crollano”.
Così, varie lobby e think tank sono già all’opera per promuovere quella che si potrebbe definire una mega opera pubblica su scala planetaria. Ci sono interessi strategici (chi controllerà la rete?) e anche tanti bei quattrini in ballo: quanto costerà una “dorsale di backup globale”.
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