L'allarme in un dossier di greenpeace. Sotto accusa l'ulitizzo di data center alimentati principalmente a carbone
(corriere.it) MILANO - Dalla nube virtuale a quella reale. E inquinante. Greenpeace lancia l'allarme: la cloud computing (la nube di informazioni digitali) crea troppe emissioni, che potrebbero triplicarsi da qui al 2020. Tutta colpa dei server dei colossi delle IT , ma sotto accusa sarebbero anche gli smartphones e i tablets come l'Ipad, rei di generare ancora più traffico e quindi informazioni.
TUTTO ONLINE - I tempi dell'hard disk sono tramontati. Ormai tutto è immagazzinato su Internet, dove si possono trovare servizi e applicazioni gratuiti per contenerli. Ma fisicamente tutte queste informazioni sono collocate in giganteschi dispositivi alimentati - secondo Greenpeace - principalmente a carbone.
FACEBOOK&CO. - «Make IT green», l'ultimo report della ONG, punta il dito soprattutto contro Facebook. Il colosso dei social-network è accusato di aver costruito un gigantesco data center a Prineville, nell'Oregon, per il quale l'azienda di Mark Zuckerberg ha optato per l'economico, abbondante, ma altamente inquinante carbone. Una decisione che non è piaciuta agli utenti della rete sociale che nelle ultime settimane si sono «ribellati» aderendo al gruppo: «Vogliamo che Facebook utilizzi il 100 per cento di energia rinnovabile». Meglio si è comportato Yahoo, che - sempre secondo il report di Greenpeace - per il suo nuovo server costruito a Buffalo, nello stato di New York, ha scelto di impiegare anche energia idroelettrica.
CONSUMI - Insomma, le Internet technologies non aiutano la lotta al cambiamento climatico. Anzi, peggiorano le cose. Secondo le previsioni degli ecologisti, che hanno sommato i dati di diverse ricerche tra cui, ultima, quelli dell'Agenzia di protezione ambientale degli USA, il consumo energetico della «nube» di Internet, tra server e telecomunicazioni, sarà di 1.963.00 milioni di Kilowatt all'ora, contro i i 622mila milioni del 2007 e di 1034 tonnellate di CO2 prodotta. «Più del consumo di Francia, Germania, Canada e Brasile messi assieme».
Maddalena Montecucco
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