Noi, parte di un tutto. La visione andina dell'umanità
Nella visione Andina ogni essere umano è invitato per prima cosa, e come elemento fondamentale, a rendersi conto di essere parte di un Tutto
Nella visione andina ogni essere umano è chiamato a rendersi conto di essere parte di un Tutto, immerso in una realtà costituita da energie viventi. Le religioni patriarcali, invece, propongono di considerare tutto ciò che esiste come strumento a disposizione dell'essere umano. Questo errore di partenza non fa che allontanare ogni individuo dagli altri, dallo stesso divino che viene posto in un mondo "altro" e distante.
di Giancarlo Tarozzi
12 Maggio 2010
Nel mio ultimo articolo ho parlato del misticismo andino come strumento di crescita personale e della visione Andina in genere, secondo cui ogni essere umano è invitato per prima cosa, e come elemento fondamentale, a rendersi conto di essere parte di un Tutto, profondamente immerso in una realtà costituita da energie viventi. Voglio riprendere ed allargare questo concetto, quello di far parte di una realtà costituita dell'energia vivente, proposto da molte modalità e culture tradizionali. Quando si parla di Pachamama, di madre terra, e quando (come è successo qualche giorno fa) si celebra una giornata dedicata alla Terra, un elemento essenziale è andare al di là del senso di separazione troppo spesso creato dalle religioni patriarcali, che propongono di considerare tutto quanto esiste come strumento a disposizione dell'essere umano.
Questo errore di partenza non fa che allontanare ogni individuo dagli altri, dallo stesso divino che viene posto lassù, lontano "che sei nei cieli..." e quindi distorce completamente questa percezione di un universo in evoluzione, di un pianeta in evoluzione, di cui ognuno di noi come essere umano è parte integrante. Tutto questo non fa che alimentare sentimenti quali la disperazione, il senso di inadeguatezza e di inutilità. Sensazioni che, oltre a far sguazzare nella sofferenza tolgono all'individuo il potere personale di fare delle scelte reali. Se io mi rendo conto che, come il divino, sono parte di una rete vitale molto più vasta, esattamente come ogni cellula del mio corpo è parte di una rete che le permette di vivere, ecco che il significato della mia vita, al di là degli aspetti più strettamente egocentrici, si allarga. Ogni atto di un essere umano influenza profondamente la realtà circostante.
A partire da quello che può sembrare un elemento banale come la respirazione, attraverso cui inevitabilmente scambiamo con le piante nutrendoci dell'ossigeno che loro producono e fornendo a nostra volta anidride carbonica che servirà alle piante stesse per vivere, fino ai nostri stessi escrementi - in gran parte frutto del cibo che esse ci forniscono - destinati, in un modo di vivere naturale, a diventare a loro volta concime, ecco che una cultura matriarcale propone di estendere questa visione anche a livello energetico. Così, le nostre emozioni definite in Occidente "negative" sono invece chiamate "pesanti" e si impara come possono essere nutrimento per il pianeta. Ecco che, invece di colpevolizzarsi e vittimizzarsi quando si è in preda ad un'emozione pesante, si impara a liberarsene nello stesso modo in cui ci si libera degli escrementi fisici per nutrire altri piani della realtà e riceverne in cambio energia leggera, di luce in un continuo infinito scambio.
Lo scambio, le interazioni, l'Ayni come lo chiamano gli Inka, è il principio fondamentale su cui si basa questa realtà. Rendersi conto di questo significa anche non avere più nessun motivo per sentirsi soli e inutili, perché comunque in ogni istante si interagisce e si è parte di un disegno infinitamente più vasto.
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