LA SCOPERTA POTREBBE SPALANCARE PROSPETTIVE AFFASCINANTI SULLA VITA NEL NOSTRO SISTEMA SOLARE
di Mattia Paolinelli
Novembre 2009, una trivella della NASA ha realizzato un foro profondo 600 piedi (circa 183 metri) in uno strato di ghiaccio dell’Antartide occidentale, fino a raggiungere una zona d’ acqua non ghiacciata sottostante il ghiacciaio. Nel foro viene calato un cavo cui è collegata una telecamera capace di orientare il proprio obbiettivo in ogni direzione. Raggiunti e superati i 600 piedi di profondità la telecamera rivolge il proprio sguardo verso l’alto, in direzione del foro grazie al quale ha potuto raggiungere quel luogo inaccessibile.
Mentre la sua luce squarcia un buio altrimenti perenne, all’interno dell’inquadratura compare qualcosa di sorprendente e d’inaspettato: una piccola creatura rosa-arancio, simile ad un gamberetto e lunga tre pollici (un Lysianasside, ovvero un anfipode), inizia a nuotare intorno al cavo inquadrato dalla telecamera. La luce della stessa fa risaltare i colori accesi del piccolo animale in contrasto col buio e il ghiaccio tutt’intorno. Ma non è l’unica sorpresa, perché poco dopo compare anche quella che sembra essere una piccola medusa. Bisogna chiarire che l’ acqua sottostante il ghiacciaio non è quella del mare. Non più, almeno. Il mare aperto dista infatti 12,5 miglia rispetto al luogo della trivellazione. Una zona d’ acqua “chiusa” e perennemente senza luce dove gli scienziati si aspettavano di trovare solo micro organismi semplici, dato che le condizioni estreme in teoria non permettevano nemmeno d’ipotizzare la presenza di vita complessa.
Ma la teoria è una cosa e ben altro è la pratica che adesso apre le porte a considerazioni tutte nuove anche sulle possibilità di trovare la vita, quella vera, in ambienti altrettanto inospitali ma molto, molto lontani dalla nostra Terra come Europa, uno dei satelliti di Giove che presenta caratteristiche e sfide per la vita molto simili a quelle dei mari ghiacciati del nostro pianeta.
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