ROMA – Il rapporto Istat di quest’anno si concentra principalmente sulla crisi economica e sulle sue conseguenze, il tema più caldo dell’economia mondiale. L’Italia, specchiandosi in questo rapporto, deve fare i conti con una realtà disarmante: siamo un paese estremamente vecchio, con poco ricambio generazionale, con una crescita definita “asfittica e stentata” e con un tasso di disoccupazione elevatissimo.
In Italia, secondo l’analisi Istat, nel 2009 circa due milioni di giovani (il 21,2 per cento dei 15-29enni) risultavano inoltre fuori dal circuito formazione-lavoro, cioè non lavoravano e non frequentavano alcun corso di studi (Not in education, employment or training, Neet). Nel confronto internazionale l'Italia presenta un numero di Neet molto elevato che è riconducibile più all'area dell'inattività (65,8 per cento) che a quella della disoccupazione. Della fascia di età che comprende uomini tra i 30 e i 34 anni quasi il 30 per cento vive ancora in famiglia, triplicata quindi dal 1983.
La prolungata convivenza dei figli con i genitori oggi dipende soprattutto da problemi economici (40,2 per cento) e dalla necessità di proseguire gli studi (34,0 per cento), mentre la permanenza in famiglia è indicata come una scelta solo in terza battuta (31,4). Ad influire c’è senza dubbio la difficoltà di trovare un'abitazione adeguata (26,5 per cento) e quella di trovare un lavoro stabile che permetta l’indipendenza (21,0 per cento). Dal Rapporto Istat si evince inoltre che l'Italia è il secondo paese più anziano d'Europa, dopo la Germania, con un forte squilibrio generazionale. Questo significa che il rapporto di dipendenza tra le persone in età inattiva, ovvero da 0 a 14 anni e 65 anni e più, e la popolazione che teoricamente si fa carico di sostenerle economicamente (15-64 anni) è passato dal 48 al 52 per cento in dieci anni, a causa del peso crescente delle persone anziane (da 27 ogni 100 in età attiva nel 2000 a 31 nel 2009). E’ ipotizzabile una previsione, sempre stando alle stime Istat, ovvero che il numero medio di figli per donna possa crescere fino a 1,58 nel 2050; che la speranza di vita possa aumentare fino a raggiungere gli 84,5 anni per gli uomini e gli 89,5 per le donne; che il numero dei giovani fino a 14 anni possa ridursi a 7,9 milioni (il 12,9 per cento della popolazione); che la popolazione attiva possa contrarsi a 33,4 milioni (54,2 per cento) e quella degli over 64 salire a 20,3 milioni (da uno su cinque a uno su tre residenti nel 2050). Con questo andazzo sarà accentuato lo squilibrio generazionale: l'indice di dipendenza degli anziani (ultra 64enni sulla popolazione in età attiva) potrebbe raddoppiare (61 per cento) e l'indice di vecchiaia salire a 256 anziani ogni cento giovani.
fonte:www.dazebao.org
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