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ROMA / 22-05-2010
PROFEZIE E CATASTROFI / Eugenio Benetazzo aveva ragione: ''presto assisteremo a un crollo planetario dell'economia''
Ultime notizie economia, le previsioni di Eugenio Benetazzo erano giuste - Qualche anno fa mi capitò di presentare un mio libro nel corso di una sorta di congresso a Riccione.
Prima di me era previsto che parlasse un operatore di borsa a me totalmente sconosciuto come, del resto, erano e restano tutti i suoi colleghi, e questo un po’ perché le mie finanze non abbisognano di quel tipo di professionalità, un po’ perché dell’argomento capisco ben poco e molto perché tutto quanto riguarda il denaro mi annoia a morte.
Così accettai con rassegnazione di dovermi sorbire quel tale.
Il quadretto che il relatore dipinse era quello di un’economia mondiale costruita su chiacchiere truffaldine fondate solo sulla credulità popolare e di documenti di scambio che valevano la carta straccia. E la conclusione era che non sarebbe passato molto tempo, anzi, ne sarebbe passato pochissimo, che avremmo assistito ad un crollo planetario del castello di carte.
Come sempre accade ai non addetti ai lavori, e io ero e resto uno di quelli, le mie difese immunitarie psicologiche eressero un muro d’incredulità al cospetto di quel bizzarro profeta di sventura che etichettai più o meno consciamente come “catastrofista”.
Oggi, dopo qualche anno, è impossibile non ammettere che quel signore, tale Eugenio Benetazzo, le aveva azzeccate tutte.
Rifiutandomi razionalmente di credere che Benetazzo sia dotato di virtù profetiche, non posso altro che pensare che basti togliersi le fette di prosciutto dagli occhi per leggere i portenti scritti sul muro come nel libro biblico di Daniele (5:25–28).
Così, avveratesi alla lettera le previsioni, ora il mondo intero è terrorizzato davanti alla prospettiva di dover rivedere il proprio vivere presente e, soprattutto, le prospettive per il futuro. Insomma, saremo più poveri e questo non eravamo disposti a pensarlo, men che meno ad accettarlo.
E adesso gioco io a fare il (facile) profeta.
Non passerà molto tempo, anzi, ne passerà pochissimo, che la situazione dell’ambiente globale precipiterà e la compatibilità con la salute della specie sarà compromessa oltre il limite di non ritorno.
Se chi ha tenuto le redini della politica, e parlo permettendomi di generalizzare, ha dimostrato tutta la sua inadeguatezza non solo lasciando che l’economia implodesse in grazia di una finanza fin troppo palesemente criminale, ma essendone protagonista, tra poco dovrà rivelare, volente o nolente, tutta la sua imbarazzante nudità al cospetto di qualcosa che annienta per importanza l’economia. E mi riferisco all’ambiente, perché in quello viviamo indistintamente tutti, senza possibilità di evasione e senza possibilità di rubacchiare al vicino.
In spregio all’evidenza, in spregio a tutta la scienza conosciuta, le vecchie bagasce abbigliate da professori, i grassatori travestiti da uomini politici, i truffatori con la pelle dell’imprenditore, i lacchè di quella che si spaccia per informazione, tutti uniti, ognuno insozzandosi della propria parte del crimine, continuano imperterriti ad ammorbare irreversibilmente il mondo con i peggiori veleni usciti da macchine demenziali: inceneritori dalle fogge più disparate, centrali elettriche dove si bruciano porcherie come oli pesanti o carbone o, peggio ancora, dove si spreme l’uranio per nasconderne il rifiuto addirittura in armi che uccidono per generazioni, cementifici dove si produce cemento contaminato, aggeggi montati sulle automobili che potenziano mille volte i veleni che ne escono, e chi più ne ha, più ne metta.
E poi stiamo avvelenando i pozzi come si fa in guerra per sconfiggere il nemico, tanto che ormai trovare acqua davvero bevibile è diventato impresa quasi impossibile e il mare, che i greci classici aggettivavano come incorruttibile, è l’ultima, immane, avvolgente discarica.
Nulla di tutto questo è invisibile. Nulla di tutto questo, del suo stato attuale e delle sue conseguenze, è ignoto alla scienza.
Eppure, come feci io ascoltando Benetazzo, quasi ognuno di noi è sùbito disposto ad alzare le proprie barriere, ad etichettare tutto questo come “catastrofismo” e a prestare credito illimitato a chi ci racconta che l’aria che esce da un inceneritore è più pulita di quella che ci entra, che il nucleare è la soluzione per il problema (inesistente) dell’energia, che i vegetali OGM vinceranno la fame che attanaglia tanto mondo e altre idiozie del genere.
Malauguratamente per me, io ho la disgrazia di non sapere chiudere gli occhi e, per questo, vivo male. Assistere impotenti al crollo circondato da una folla che acclama chi del crollo è responsabile è cosa che fa disperare.
Che fare, allora? Io non posso altro che leggere ad alta voce le scritte sul muro.
Stefano Montanari
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