Voglio citare nel presente contesto uno di questi fenomeni, ovvero la non località quantistica.
Ormai da molti decenni la scienza ha dimostrato in maniera inequivocabile come in natura ci siano degli eventi capaci di influenzarsi istantaneamente a prescindere dalla distanza che li separa.
Eppure nonostante quella data sia una dimostrazione convincente ed esauriente si sono fatti pochi tentativi per dare una concreta giustificazione alla non località quantistica, che dunque rimane un fenomeno privo di spiegazioni nell'attuale panorama scientifico.
Questo mancato interesse nei confronti di una questione così vitale e importante trae la sua giustificazione principale nella ritrosia degli ambienti scientifici a considerare esistente una qualsiasi dimensione spaziale che superi le tre della nostra esperienza diretta.
Per rendere maggiormente chiaro questo aspetto mi servirò di un esempio.
Prendiamo un foglio di carta e procediamo disegnando un labirinto visto dall'alto e una persona al suo interno. Ciò che abbiamo creato è equivalente a una realtà a due dimensioni nella quale la persona rinchiusa nel labirinto potrà uscirne solamente percorrendo la strada corretta.
Chiediamoci a questo punto cosa potrebbe accadere se quella stessa persona avesse a disposizione una terza dimensione spaziale in cui muoversi, oltre alle due da noi disegnate.
La risposta è semplice. Potrebbe usarla per uscire dal foglio nel quale l'abbiamo disegnata per muoversi nel resto dello spazio e poi tornare a posizionarsi su un punto esterno al labirinto.
Ipotetici individui bidimensionali appartenenti a quello stesso foglio, che avessero potuto seguire la scena, avrebbero semplicemente visto quella persona scomparire dal punto iniziale per poi ricomparire improvvisamente e inspiegabilmente al di fuori del labirinto.
Questo esempio ci fa comprendere quale sia il vero significato che deve essere attribuito alla non località quantistica. Il fatto cioè che più particelle microscopiche interagiscano istantaneamente tra loro a qualsiasi distanza, dimostra che l'influenza che esercitano reciprocamente l'un l'altra ha luogo in una dimensione che oltrepassa quelle che noi possiamo percepire.
La situazione viene a configurarsi in questi termini: le influenze che si manifestano all'interno delle tre dimensioni spaziali della nostra esperienza sono soggette al limite invalicabile della velocità della luce, mentre quelle che si esplicano ad un livello dimensionale sovrastante ne risultano esenti.
Cosa sia questa dimensione sovrastante e come si esplichi effettivamente a quel livello la non località quantistica è qualcosa che tratto all'interno del mio libro, e che trova la sua più naturale spiegazione nel considerare la realtà alla stregua di una mente infinita che immagina l'universo.
Quello che mi preme sottolineare in questo contesto è come la ritrosia che impedisce agli scienziati di accettare una spiegazione della non località che chiami in causa una dimensione superiore a quelle della nostra esperienza, sia invece totalmente disattesa se non ignorata nei confronti di altre teorie scientifiche.
E non mi riferisco soltanto alla teoria delle stringhe, nella quale addirittura vengono introdotte altre sette dimensioni, ma anche e semplicemente alla teoria della relatività, nella quale si assume che l'universo abbia quattro dimensioni, e che ciò che concepiamo come tempo e come spazio siano percezioni illusorie dovute ai limiti tridimensionali a cui deve sottostare il nostro cervello.
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