Meditate gente, meditate!
Il Dr Richard Davidson , professore di psicologia e psichiatria alla University of Wisconsin-Madison, ha condotto nel 2004 uno studio sull’impatto di una particolare forma di meditazione sul cervello: una meditazione che mira al raggiungimento di uno stato di amore incondizionato verso tutti gli esseri viventi.
Questa pratica non richiede la concentrazione su particolari oggetti, ricordi o immagini e non focalizza l’attenzione su persone specifiche o gruppi di viventi. Poiché la benevolenza e la compassione pervadono la mente fino a diventare un modo di essere, questo stato è chiamato “compassione pura” o "compassione non referenziale" (dmigs med snying rje in Tibetano).
La ricerca di Davidson ha coinvolto 8 buddisti praticanti di lungo corso, incluso qualche monaco, e 10 studenti volontari con nessuna esperienza precedente di meditazione. Una settimana prima dell’esperimento ai 10 studenti è stato chiesto di allenarsi quotidianamente, per 1 ora al giorno, nella pratica meditativa con queste istruzioni: pensate a qualcuno che vi sta particolarmente a cuore e lasciate che la vostra mente sia invasa da un sentimento di amore e compassione per lui, immaginate per esempio una situazione triste e augurategli di non dover soffrire mai, dopo di che provate a generare questo stesso sentimento verso tutti gli esseri senzienti senza pensare specificatamente a uno di essi.
Una settimana dopo, nel corso di una meditazione in laboratorio sono state registrate le onde cerebrali dei dieci studenti usando un elettroencefalogramma. Stessa cosa è stata fatta naturalmente agli 8 buddisti praticanti. Le onde gamma sono risultate, nel gruppo dei meditatori esperti, di ampiezza significativamente superiore rispetto al gruppo dei principianti e fortemente sincronizzate. Precedenti studi hanno evidenziato che la sincronizzazione neurale, in particolare delle onde gamma, è fortemente implicata in processi mentali superiori come l’attenzione, la memoria di lavoro, l’apprendimento o la percezione cosciente.
Un risultato del genere suggerisce che, poiché l’esercizio meditativo potenzia tale sincronizzazione, i processi cognitivi superiori sono competenze flessibili che possono essere apprese e allenate con l’esercizio. E’ inoltre provato che queste sincronizzazioni svolgono un ruolo cruciale nella costituzione di reti neurali transitorie e possono indurre cambiamenti sinaptici.
Questo significa che la pratica meditativa può modificare concretamente i circuiti neurali del nostro cervello. Non tutti però sono concordi con le conclusioni di Davidson, anche per i suoi legami personali con il Dalai Lama che ne farebbero uno scienziato non imparziale…. Per saperne di più di questi retroscena: Il cervello e la meditazione
Paper originale | Long-term meditators self-induce high-amplitude gamma synchrony during mental practice (pdf)
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