I SEGRETI DELLO SPAZIO
Sembra una trama da film di fantascianza, una sorta di remake del “Dottor Stranamore”, invece è realtà.
Il fisico Dott. Leonard Reiffel ha rivelato in un’intervista per The Observer che, negli anni ‘50, le Forze Aeree americane avevano pianificato il Progetto A119, teso a far esplodere una bomba atomica sulla faccia oscura della Luna. L’ordigno, dello stesso potenziale di quello che distrusse Hiroshima nel 1945, avrebbe rappresentato una sorta di monito nei confronti dell’URSS che, all’epoca, stava battendo l’America nella cosiddetta “corsa per lo spazio”. Il Dott. Reiffel, a capo del progetto, aveva obiettato che ciò avrebbe sconvolto l’equilibrio ambientale del nostro satellite, ma l’Air Force riteneva che il gigantesco fungo atomico visibile dalla Terra avrebbe evidenziato in maniera inequivocabile l’immenso potere degli Stati Uniti, restituendo loro il prestigio politico che stavano perdendo. Molti documenti della Guerra Fredda risultano ancora classificati negli USA, ma dettagli del Progetto A119 sono emersi dopo la pubblicazione di una biografia su famosi scienziati statunitensi, in particolare sull’astronomo Carl Sagan, interpellato da Reiffel perché studiasse i limiti di espansione della nube atomica nello spazio. Il Dott. David Lowry, uno storico britannico, afferma: “È qualcosa di osceno, pensare che il primo contatto del genere umano con un altro mondo sarebbe stato esplodergli contro una bomba atomica”. Lowry si rammarica del fatto che l’attuale proposta da parte degli USA di predisporre un sistema missilistico di difesa nello spazio rispecchi ancora la mentalità militarista che portò al concepimento del mostruoso Progetto A119.
Il disastro mancato dell’Apollo 13
L’Apollo 13, la navicella “maledetta” protagonista 30 anni fa di un’odissea nello spazio, non sarebbe rimasta a ruotare per molto nel cosmo con i suoi tre astronauti a bordo, come la NASA aveva allora pronosticato, ma avrebbe concluso in pochi giorni la sua folle corsa senza più controllo, schiantandosi in un luogo imprecisato della Terra. L’incubo si concluse il 17 Aprile 1970.
Gli astronauti James Lowell, Fred Haise e John Swigert si erano trovati all’improvviso prigionieri dello spazio, chiusi nella navicella che li doveva portare sulla Luna. Due giorni dopo il lancio dell’11 Aprile, quando ormai si preparavano all’allunaggio ed erano lontani 321 mila chilometri dalla Terra, uno dei due serbatoi dell’ossigeno liquido delle celle a combustibile fornitrici di corrente elettrica scoppiò lasciando il veicolo senza energia, paralizzato nel buio cosmico. “Houston, abbiamo un problema”, trasmise l’astronauta Swigert. Un clima di tensione ricostruito 5 anni fa nel film Apollo 13 di Ron Howard con Tom Hanks. L’Apollo 13 rischiava dunque di trasformarsi in una tomba nello spazio condannata a girare perennemente intorno alla Terra e alla Luna. Così, almeno, sosteneva allora la NASA. Invece non sarebbe andata proprio così. Lo rivela oggi a “space.com” Chuck Deiterich, che allora dirigeva le operazioni di rientro dell’Apollo 13, riferendo la conclusione di una simulazione al computer realizzata da due società di informatica (Analytical Graphics di Filadelfia e Space Exploration Engineering in Colorado). “Se gli astronauti non fossero riusciti a modificare la traiettoria, dopo due orbite intorno alla Terra e alla luna l’Apollo 13 si sarebbe schiantata sul nostro pianeta”, spiega Deiterich. Per il disastro, fortunatamente mancato, c’è anche una data: sarebbe avvenuto il 20 Maggio 1970.
Wormholes e viaggi incredibili
Allacciate le cinture di sicurezza e tenetevi stretti. Gli scettici che avevano cestinato l’idea dei viaggi più veloci della luce attraverso “wormholes” nello spazio dovranno ricredersi, perché nuovi calcoli basati sulla teoria della relatività di Einstein suggeriscono che esisterebbero corridoi spazio/tempo abbastanza grandi e stabili da consentire viaggi intergalattici. La scoperta si deve ad uno scienziato russo ha individuato un nuovo tipo di wormhole grande, stabile e compatibile con le leggi della fisica. Per Sergei Krasnikov, esperto di relatività all’Osservatorio Pulkovo di San Pietroburgo, le motivazioni di rito contro i wormholes presumono che essi dovrebbero possedere tutti la stessa forma di base ed essere riempiti di “materia particolare” che li tenga aperti. Tale materia non si è mai vista, ma la teoria suggerisce che essa verrebbe creata letteralmente dal nulla, quando si curvano il tempo e lo spazio nel modo giusto. Trovare un wormhole del genere, sottolinea Krasnikov, avrebbe un effetto sconvolgente sui viaggi interstellari: “Se c’è un wormhole che connette le vicinanze della Terra e della stella Vega, si potrebbe prendere una ”scorciatoia volandoci attraverso”.
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