MITI, LEGGENDE E LETTERATURA
Riaffermando che l'idea della Terra internamente cava sia antica come l'uomo, tale conoscenza attualmente affonda le sue radici quasi esclusivamente nella tradizione occultista e teosofica giacché implica pure una conoscenza mistica.
È esistita anche l'antica tradizione orale, sfociata inevitabilmente nelle leggende che hanno amplificato o alterato, con la fantasia, delle verità così potenti e così reali da diventare difficilmente interpretabili dagli esseri razionali. Ma l'uomo si è trovato ugualmente dinanzi a questi misteri.
Qui entrano in gioco le esplorazioni e, di conseguenza, gli impatti con i vari popoli sparsi in tutto il pianeta, possessori di culture incredibili e inimmaginabili.
La razza bianca è stata sicuramente la più intraprendente in questo senso e in quest'ultimo millennio. Senza dubbio il secolo XV° è stato il periodo d'oro per le più spettacolari scoperte geografiche e non solo. Gli Europei, ad esempio, avevano necessità di trovare nuove vie per raggiungere più facilmente l'Asia orientale, terra ricca d'oro e di spezie, terra descritta dal viaggiatore e mercante Marco Polo. La scoperta poi del Nuovo Mondo da parte di Cristoforo Colombo si era verificata in un periodo storico caratterizzato dalla cacciata degli ultimi musulmani dall'Europa sud occidentale e dalla lotta all'ampliamento territoriale del mondo cattolico. La volontà inoltre di giungere alla definitiva liberazione dei luoghi santi in Palestina costituì uno degli stimoli alla ricerca di una via diretta verso l'Asia. I sovrani europei hanno incoraggiato molte spedizioni nel corso delle quali sono state scoperte nuove terre e gli effetti nel '400 e '500 sono stati notevolissimi, a cominciare dalla diffusione di nuovi prodotti alimentari per finire ai rapidi miglioramenti nel campo dei trasporti, in particolare in quello della navigazione.
Le esplorazioni realizzeranno inoltre il fiorire di grandi imperi coloniali come quelli creati dalla Spagna, Portogallo, Olanda, Inghilterra e Francia, sovrapposti dall'azione dei missionari di origine cattolica.
Le culture e le diverse tradizioni possedute da vari popoli, classificati come primitivi, confermavano in qualche modo quanto già si affermava nelle tradizioni popolari europee che proponevano molto spesso un mondo sotto la superficie terrestre, abitato da misteriosi popoli giganti d'indole buona, ma anche da nani maligni o rettili preistorici.
Non solo l'Europa ha manifestato simili conoscenze: esse si ritrovano nei popoli d'Egitto, dell'Asia Minore, dell'India, della Cina, del Nord e Sud dell'America. Affondano nella notte dei tempi le misteriose consapevolezze su una terra celeste ed un esempio sono i Veda, manoscritti appartenenti alla primissima cultura indiana, nei quali c'imbattiamo nella descrizione del Monte Meru, la dimora degli Dei come lo era del resto il Monte Olimpo.
E non solo questo.
Il poeta Somadeva (1035-1085), bramino del Kashmir, ebbe la capacità di preservare molte leggende del folclore indiano sotto forma di storie in versi. Scrisse la monumentale opera "Katha Sarit Sagara" ("L'Oceano di fiumi di storie"), una collezione dell'antica sapienza indiana in 10 volumi. Nel sesto volume si trova la leggenda incentrata sul viaggio del Re, di nome Bhunandana, che lo portò in una regione del Mondo Sotterraneo.
Ancora oggi tutti gli indù conoscono e credono alla leggenda dei Naga, uomini discendenti dai "serpenti" che vivono all'interno della Terra, in corrispondenza della zona himalaiana, divisa in sette livelli, la cui dimora tradizionale è chiamata "Potala".
Sempre in oriente è diffusa la credenza che il primo uomo, Adamo, provenisse da un mondo sotterraneo, proprio nel mezzo della terra. Si trovano molti riferimenti anche nei testi classici come ad esempio quello di Hanno, il navigatore cartaginese che intraprese un lungo viaggio lungo la costa occidentale dell'Africa intorno al 500 a.C.. Nella sua opera, "Periplus", afferma di aver udito racconti su abitatori del sottosuolo che erano più intelligenti degli altri uomini e correvano più veloci dei cavalli non appena qualcuno cercava di seguirli dentro le loro gallerie.
Lo stesso Plinio il Vecchio, nell'opera "Naturalis Historia", mette in evidenza gli abitatori del sottosuolo fuggiti all'interno del pianeta dopo la distruzione di Atlantide. Plinio il Vecchio però parla di trogloditi, i quali nascosero là sotto un grande ed antico tesoro. Quest'informazione spinse addirittura l'imperatore romano Nerone ad intraprendere alcune spedizioni proprio nelle gallerie dell'Africa per recuperare tutte quelle meraviglie nascoste. Non fu trovato nulla di tutto ciò, ma la leggenda continuò a diffondersi ugualmente.
Nell'era moderna molti sono stati i personaggi, cercatori di un mondo perduto, che hanno continuato la ricerca sotto vari aspetti e tra costoro ricordiamo Roerich, Ossendowsky, Cacella, Pazhevalsky, Kosloff, Blavatsky, Franche, Grunwedel, David-Neel ed altri ancora.
Ritornando però indietro nel tempo, nell'antica mitologia greca comparvero i "Misteri di Delfi e di Eleusi", terre celesti che avevano sede nei Campi Elisi sul Monte Olimpo. La montagna sacra sicuramente rappresentava il Cielo, mentre la parte centrale la Terra ed infine la parte bassa il cosiddetto "Mondo Sotterraneo".
Maschera di Dante Alighieri conservata presso il Museo del Bargello a Firenze.
Una conoscenza così particolare fu trasferita nella letteratura europea dal geniale poeta italiano Dante Alighieri. "La Divina Commedia", un'opera scritta a partire dal 1303, è divisa in tre parti: Inferno, Purgatorio e Paradiso. Si descrive la vicenda storico umana attraverso un viaggio eccezionale nel mondo ultraterreno. Pur partendo dalla visione tragica dell'Inferno, il viaggio si concluderà in maniera positiva. Questo luogo è descritto come un abisso o meglio una voragine prodotta dalla caduta di Lucifero, apertasi nella zona di Gerusalemme, finendo, in forma conica, al Centro della Terra. I dannati sono raccolti in nove cerchi o gradini concentrici ed in ognuno di questi si ritrovano particolari specie di peccatori. Precede tutto ciò un antinferno. Agli antipodi di Gerusalemme si eleva la montagna del Purgatorio, di forma troncoconica e saldata ancora alla Terra. Dopo la morte ad essa approdano, su una barca guidata da un angelo, le anime che devono espiare prima di essere assunte in Cielo. Lo stesso Purgatorio è suddiviso in nove parti dove avviene la purificazione dell'anima rendendo naturalmente migliore l'essere. Dopo aver esplorato tutto, Dante non è più accompagnato da Virgilio, bensì da Beatrice che lo conduce nel Paradiso, dopo avergli fatto dimenticare il ricordo del peccato. Questo luogo è rappresentato come il susseguirsi di nove cieli che vanno dalla Luna sino a Saturno, il più lontano, disposti intorno alla Terra secondo la concezione tolemaica.
Lo stesso Dante spiega che il viaggio, attraverso i tre mondi ultraterreni, rappresenta un'esperienza effettiva vissuta dal poeta ed ha valore letterale non di simbolo, ma di realtà, pur essendo stato descritto in senso religioso, psicologico e fantastico.
Sicuramente l'opera ha uno scopo didattico. Uno scopo che doveva creare una seria presa di coscienza nei vari uomini di quell'epoca, come del resto doveva fare la leggenda di Re Artù.
Nel XI° secolo in Inghilterra Goffredo di Monmouth pubblicava l'"Historia regum Britanniae", ispirata ad antiche leggende celtiche. I popoli come i Celti avevano una Terra Sacra che chiamavano Duat o Dananda. Essi occuparono il nord dell'Europa e parte dell'Asia Minore. Lo stesso popolo dei Germani (loro discendenti) aveva ereditato la conoscenza, tanto che chiamarono questa terra Walhalla.
Si crede che Artù, come personaggio storico, sia stato il primo vero capo militare britannico dopo il crollo dell'Impero Romano e si presume che sia stato effettivamente un condottiero celta che agli inizi del VI° secolo lottò contro gli Angli che tentarono di conquistare la Britannia.
Ebbene Re Artù guida i cavalieri della Tavola Rotonda, protetti da mago Merlino. Essi partono per l'isola di Avalon alla ricerca del Sacro Graal, simbolo di rispetto, giustizia ed immortalità. Nelle loro disavventure ad un certo punto Re Artù è ferito gravemente durante una cruenta battaglia. Nel momento della sua massima afflizione, Artù prega il compagno Belvedere di metterlo su un battello che l'avrebbe poi condotto ai confini della Terra, dichiarando: "Addio, amico e compagno Belvedere, vado alla Terra dove mai non piove, dove non c'è malattia e dove mai nessuno muore".
È innegabile che la fantasia abbia creato nella mente di alcuni scrittori un'isola dalle caratteristiche particolari e paradisiache come l'Isola di Avalon, ma è pur vero che a tutt'oggi non si riesce a trovare il mitico Castello di Camelot né i luoghi dove avvennero le battaglie che portarono Re Artù nella leggenda e nel ricordo collettivo dei popoli. Resta soprattutto un esempio da seguire per il miglioramento della vita e per applicare gli alti ideali insiti nella vicenda.
Scorrendo il tempo, ci ritroviamo nel 1526 quando fu pubblicata in Europa l'opera di Tommaso Moro conosciuta come "Utopia". Anche in questo caso si parla di un'isola felice, introvabile sulle carte geografiche, dove riappare l'idea di uno Stato perfetto: libertà di coscienza, frugalità della vita, tolleranza religiosa, tempo per i piaceri del corpo e dello spirito, principi di democrazia con poche leggi ma chiare e soprattutto uno Stato di pace. Quest'opera avrebbe dovuto dare lo spunto per migliorare le condizioni di vita dei popoli europei, ma la storia ci ricorda che non si era ancora pronti per realizzare un simile progetto.
Del resto anche Platone aveva parlato di "Repubblica" e lo stesso dicasi per Sant'Agostino che propose "La Città di DIO".
Ci riprova nel 1618 il dominicano Tommaso Campanella che scriverà "La Città del Sole". Tutto ciò gli costò indicibili sofferenze che solo un'enorme convinzione riuscì a fargli sopportare. La Città era collocata in una zona equatoriale del pianeta dove la vita in ogni forma e sostanza era regolata dalla Ragione Divina, situata nella luce del Sole, in un clima ottimo sotto tutti i punti di vista. Quest'opera dava un anelito di speranza ai popoli che cercavano ancora la loro identità in un momento storico buio e pieno di miseria, dove imperava l'inquisizione e dove solo pochissimi uomini audaci cercavano di diffondere i migliori ideali della vita.
In quell'epoca si conosceva già, a livello popolare, il Regno di El Dorado, propagandato in Europa dalle fatali gesta dei Conquistadores spagnoli, un regno mitico dorato dove la vita era gioia e tutti gli uomini si consideravano fratelli.
Lo stesso grande filosofo inglese Francis Bacon aveva pubblicato "La Nuova Atlantide" allo scopo di fare proposte concrete per realizzare la teorica utopia di avere uno Stato dove ogni cittadino potesse esprimersi al massimo e vivere in perfetta concordia con i suoi simili.
I fantastici viaggi di Colombo, Caboto, Vespucci e di tanti altri navigatori avevano portato della nuova linfa nella fantasia degli scrittori che collocavano nel Nuovo Mondo quest'isola misteriosa o meglio una terra paradisiaca.
Un altro fattore comune è il concetto dei viaggi che permette al protagonista di accedere a conoscenze non usuali e trovare allo stesso tempo la propria identità.
La storia ci ricorda ancora che i Conquistadores, ad esempio, compirono veri e propri genocidi distruggendo intere civiltà dell'America, in particolare in quella centrale e meridionale, senza i quali avremmo avuto ben altre conoscenze necessarie per arrivare ad una superiore coscienza ed accedere a quei misteri che ancora oggi non sono stati dipanati.
È interessante notare che le consapevolezze sulle terre misteriose, queste isole paradisiache, hanno accompagnato molti altri popoli terrestri.
Gli egiziani conoscevano la "Terra di Amenti" e i libri sacri sulla morte ne sono una testimonianza. Nella tradizione giudaica si fa riferimento al Giardino dell'Eden, il cosiddetto Paradiso Terrestre.
Pure nell'Asia Minore sino alla moderna Russia si fa riferimento al Regno di Shamballah (Shamb-Allah) dove si trova la Dimora degli Dei.
Spostandoci poi presso i popoli tibetani e mongoli troviamo la Terra di Erdani come pure si conosce il Regno di Agarthi.
Nella poetica germanica Edda, dove nella prima parte sono raccolti i canti dedicati alla mitologia dell'antica scandinavia, vi è rappresentata l'intera cosmogonia della religione pagana. Ebbene, nella seconda parte che comprende i poemi eroici si fa riferimento alla "Città Celeste".
Lo stesso dicasi per l'India dove è conosciuta la "Città dei Sette Petali di Visnù" e per l'antica Mesopotamia, dove si conosceva la regione sotterranea di Asar.
In Sud America non solo gli Incas conoscevano molto bene il Regno dell'El Dorado, ma anche gli Aztechi adoravano il Regno di Maya-Pan, corrispondente al Regno di Tula o Tolan negli altri popoli messicani.
Nel nord America diversi popoli nativi, come gli Hopi, hanno tramandato la conoscenza sulla Terra cava al cui interno vi erano anche dei popoli progrediti soprattutto nello spirito, abitanti della Terra Sacra.
Nella zona glaciale nordica troviamo gli Eskimo, un popolo che asserisce tranquillamente che da queste terre, ancora sconosciute all'uomo di oggi, proviene la loro origine.
Per concludere si deve parlare del popolo cinese, nelle cui credenze è radicato il ricordo di una Terra Sacra, la Terra di Chivin o Città dei Dodici Serpenti, sogno irraggiungibile del comune uomo mortale.
L'uomo terrestre non ha ancora cambiato il suo modo di vivere e se resta ancora tale, proponendo solo la conquista delle nuove terre e lo sfruttamento per scopi di pura espressione egoistica, non potrà andare sicuramente oltre le attuali conoscenze, restando confinato nella morsa del peggiore materialismo e della secolare ignoranza.
Pure oggi che siamo appena entrati sulla soglia del 3° millennio si ripropone la solita domanda: ma dove sono stati generati tutti questi miti, tutte queste leggende non ancora dimenticate e tramandate da moltissimi popoli terrestri?
Da dove sono scaturite tutte queste informazioni che hanno come base lo stesso concetto?
Sicuramente da qualche cosa di reale, da qualche cosa che ancora oggi riesce a dare sazietà allo spirito, alla speranza che accompagna l'uomo. Non è detto che tutto ciò dovrà rimanere nel mistero per l'eternità.
Probabilmente questa ridda di nomi sta a significare che tutti i popoli hanno voluto esprimere lo stesso concetto che è la conferma dell'esistenza di un mondo sotterraneo. I popoli come i Celti, i pellerossa Hopi, gli Eskimo, i Vikinghi, gli Incas, gli Aztechi o altri sono stati capaci di conservare molte conoscenze su questo straordinario argomento e tutto ciò non si può riscontrare nelle popolazioni attuali.
Non è per niente confortante una simile constatazione, se pensiamo che tali informazioni dovrebbero far parte della nostra cultura e dell'attuale evoluzione. Volendo per il momento superare l'ostacolo, bisogna necessariamente ricordare gli scritti di vari autori che hanno affrontato la realtà dei mondi sotterranei, esprimendo concetti sulla base della razionalità o delle fantasticherie più che affascinanti, ma altre volte assurde.
Il gesuita Athanasius Kircher (1602-1680).
Un'opera seria e fondamentale fu proposta nel 1665 dal gesuita Athanasius Kircher dal titolo: "Mundus Subterraneus".
Frontespizio dell'opera di A. Kircher "Mundus Subterraneus" edito nel 1665.
Egli è stato un grande erudito tedesco, nato a Geisa, un piccolo borgo presso Fulda, il 2 Maggio del 1602 e morto a Roma il 27 Novembre del 1680. Insegnò filosofia, matematica e lingue orientali a Wurzburg. Kircher fu però costretto a rifugiarsi prima in Francia (Avignone) e poi a Vienna, in seguito alle tristi vicende della guerra dei trent'anni.
Dal 1618, quando aveva appena sedici anni, era entrato a far parte della Compagnia di Gesù, mentre nel 1635 si trasferì a Roma per assumere l'importante incarico di professore di matematica presso il Collegio Romano. Uomo di vasta cultura, ebbe delle intuizioni veramente geniali. Scrisse di teologia, filosofia, gnomonica, astronomia, scienze naturali, medicina, musica, glottologia, archeologia, numerologia, ecc., contribuendo in maniera notevole a quasi tutte le discipline del sapere umano.
Non bisogna però dimenticare che ebbe modo di mettere a frutto le sue qualità consultando testi tenuti nel segreto della biblioteca vaticana.
Dato che nessuna esplorazione era stata fatta ai poli sino a quel periodo, egli interpretò, ad esempio, la struttura del polo nord e spiegò che vi erano quattro canali, passanti per il mare polare aperto, localizzati uno nello Stretto di Bering, due a fianco della Groenlandia ed uno ad est dell'Isola dello Spitzbergen.
Il vortice, generato dalle acque del mare polare, proposto dal gesuita Athanasius Kircher nel 1665 per spiegare la struttura del Polo Nord.
Kircher affermò che nel polo stesso le acque entrassero a grandi vortici e che procedessero lungo la struttura della Terra in una "sconosciuta rientranza" e tortuosi canali, fino a riemergere nel mare aperto del polo sud. Scorrendo esternamente alle aperture polari, le relative correnti d'acqua inoltre avrebbero impedito l'accesso agli esploratori.
Fu un'idea originale ed affascinante, tanto da essere ripresa da vari autori con la pubblicazione di una serie di novelle, come quella del 1721 dal titolo: "Passaggio dal Polo Artico a quello Antartico, attraverso il Centro del Mondo". L'autore anonimo non rimase unico nella sua divulgazione.
Nel 1737 il Cavaliere di Mouhy pubblicò: "Lamekis, straordinario viaggio di un egiziano nel Mondo interno", seguito poi nel 1741 dal barone Ludvig Von Holberg con l'opera "Nicolai Klimii iter subterraneum", romanzo satirico di viaggi che in qualche maniera ricorda il Gulliver di Swift e dove Von Holberg promosse le proprie idee liberali con molto ardimento.
In un simile contesto divulgativo ritroviamo l'opera dell'italiano Giacomo Casanova, dal titolo: "Jcosameron - Storia di Edoardo e di Elisabetta che passarono ottant'anni presso i Megamicri, abitanti aborigeni del Protocosmo all'interno del nostro globo". Il lavoro risale al 1788. Con il grado di romanzo utopico, che doveva rappresentare la prova conclusiva della vocazione letteraria dell'autore tanto che egli si aspettava molta gloria come scrittore illuminista, in verità l'autore non ottenne il successo agognato; anzi venne amaramente mal ricompensato.
Casanova immaginò di descrivere la vita al centro della Terra, basata su un mondo perfettamente regolato dall'ordine e dalla ragione e con una logica di stampo sostanzialmente terrestre.
Anche George Sand si cimentò in queste utopie, proponendo il racconto "Laura, viaggio nel Cristallo", ma fu Edgar Allan Poe a cercare l'ispirazione dalla ricerca scientifica, iniziata per influenza di Jeremiah Reynolds, sostenitore della teoria di John C. Symmes.
Sebbene Edgar Allan Poe sia ancora ricordato come un grande artista o meglio come lo scienziato del macabro più che artista, egli scrisse due racconti sull'argomento polare: "Manoscritto trovato in una bottiglia" e "Le avventure di Gordom Pim".
Il primo racconto, edito nel 1823, è collegato alle leggende polari, in particolare a quella in cui si vede precipitare l'Oceano, per quattro bocche, nel Golfo Polare settentrionale, scomparendo nelle viscere della Terra. Rimarrà un capolavoro nel genere macabro marinaresco.
Nel secondo romanzo l'autore descrive dei viaggi al di fuori del normale che finiscono con navi risucchiate in un abisso al polo sud.
L'iniziativa di Edgar Allan Poe ispirerà la successiva legione di scrittori di fantascienza, di cui Giulio Verne sarà il massimo rappresentante, tanto che con i suoi romanzi passerà alla storia come il profeta del XIX° secolo.
È noto però che tutte le sue idee fantasiose, nel tempo attuale, si possono considerare senza esitazione come accadute o realizzate. Resta solo da verificare ufficialmente la struttura della Terra poiché Verne trattò l'argomento in uno dei suoi primissimi romanzi dal titolo: "Viaggio al Centro della Terra". La storia proposta ha come protagonista un eccentrico professore di mineralogia di Amburgo che nell'anno 1863 decifra un documento contenente le istruzioni per raggiungere il Centro della Terra. Egli, accompagnato da suo nipote, si reca in Islanda dove, con l'aiuto di una guida, si incunea negli abissi del pianeta attraverso l'orifizio di un vulcano spento. Dopo aver vagato a lungo in una serie di tunnel tortuosi e superato molte insidie, si ritrova in una caverna tanto grande da contenere un oceano ed illuminata splendidamente.
Sicuramente Verne conosceva la teoria di Halley e di Eulero, tanto è vero che ad un certo punto dell'avventura il giovane nipote si chiede se tale teoria abbia effettivamente un fondamento di verità.
Verne riprende l'argomento nell'altro romanzo "La sfinge di ghiaccio" e come sempre evidenzia la capacità della tecnica che tanto fa impazzire i borghesi dell'epoca, i novelli industriali, i neo capitalisti. Per Verne, in verità, la tecnica è un mezzo per rendere positivi il conosciuto e l'ignoto, per rendere l'uomo libero e padrone della scienza utilizzata per il bene comune.
Altri scrittori che si espressero sul tema della Terra cava furono Alessandro Dumas con il suo "Isaac Laquèdem" e Lord Lytton con "La Razza Ventura".
Edward George Bulwer conte di Lytton (1808-1873) è conosciuto come uomo dalla doppia personalità: prolifico romanziere e, in segreto, appassionato cultore delle scienze occulte. Proveniva da una facoltosa e nobile famiglia inglese che occupava un posto di rilievo nella società. Fu l'autore del libro "La razza ventura" che ebbe una seria presa nell'immaginario di molti uomini, in particolare con l'avvento del nazismo.
Il libro di Lytton ebbe seria presa nell'immaginario di molti uomini, soprattutto con l'avvento del nazismo in Germania. Vi si racconta che il protagonista, entrato attraverso un pozzo di una miniera e superata una fessura nella roccia, si ritrova all'interno della Terra a faccia a faccia con una razza di superuomini nel mondo di Vril-Ya, un mondo composto di tunnel e caverne sotto la superficie del pianeta dove tutti i sogni umani si sono realizzati. Il loro obiettivo finale, in verità, è quello di risalire da questo mondo sotterraneo per impadronirsi di tutto il pianeta.
Alla fine del 1800 iniziò poi tutta una serie d'esplorazioni ai poli su base scientifica e, pur non essendo ancora sufficiente all'epoca la conoscenza sulla reale struttura, non mancarono di emergere scrittori che sostenessero con autorità la teoria della Terra cava.
Sono da ricordare i lavori proposti da due studiosi molto importanti come Marshall B. Gardner e William Reed, confortati sicuramente dalle prime scoperte effettuate dagli esploratori polari, dei quali il più famoso resta senza dubbio il norvegese Fridtjof Nansen.
Reed è stato il primo ad elaborare una teoria moderna sulla Terra cava, pubblicando il libro "Il fantasma dei Poli" nel 1906, basato per l'appunto esclusivamente su prove scientifiche. Egli scrisse con molta determinazione: "La Terra è vuota. I poli, tanto cercati, sono dei fantasmi. Vi sono delle aperture alle estremità nord e sud. Nell'interno si trovano grandi continenti, oceani, montagne e fiumi. Questo Nuovo Mondo è dotato certamente di vita animale e vegetale ed è probabilmente popolato da razze sconosciute agli abitanti della superficie terrestre".
A sua volta Gardner, nel libro del 1930 "A journey to the earth's interior or have the poles really been discovered", ripresenta ancora la morfologia della Terra con un'apertura circolare ai poli. Le acque degli oceani esterni passano attraverso l'apertura, aderendo normalmente alla superficie solida del pianeta sia interna sia esterna, rivoluzionando, di fatto, anche il concetto della gravità. Aggiunge pure che all'interno esiste un sole di piccole dimensioni capace di generare le aurore boreali.
Tra questi due storici sostenitori si introdusse nel 1908 un evento inverosimile, descritto da Willis G. Emerson nel libro "The smoky God" ("Il Dio che fuma"), che realmente riguardava le avventure di un marinaio norvegese di nome Olaf Jansen. Costui sosteneva di essere stato all'interno della Terra, cosa che raccontò allo scrittore Emerson poco prima di morire alla veneranda età di 95 anni.
Si trattava di una storia impressionante, iniziata nel 1829 quando era ancora un ragazzo. Si mise un giorno in viaggio sul mare con suo padre, adoperando un piccolo battello per raggiungere la Terra di Francesco Giuseppe (Isola del Mare del Nord), in cerca di zanne d'avorio. Una strana burrasca li sospinse oltre una barriera di nebbia e neve, arrivando poi su un tratto di mare tranquillo e con cielo sereno. Proseguendo il viaggio, si accorsero che il sole era diverso: sembrava che fumasse. Come se ciò non bastasse, si incontrarono con una civiltà superiore e pacifica di giganti e furono accolti in maniera splendida. Questa ospitalità si protrasse per circa due anni e mezzo poiché i due norvegesi decisero di ripartire, sempre con il loro battello, ma questa volta uscendo dal Polo Sud. Il padre perse la vita nella collisione con un iceberg mentre Olaf si salvò in maniera molto fortunata. Ritornato in patria, raccontò la sua avventura ma non fu creduto; anzi fu rinchiuso in manicomio per oltre 24 anni. Quando divenne molto anziano, riuscì a raggiungere gli Stati Uniti per stabilirsi prima nell'Illinois, poi in California dove incontrò casualmente lo scrittore W.G. Emerson.
Dopo questi eventi letterari, non si può fare a meno di parlare del testo che attualmente è il più aggiornato, "Il grande Ignoto", scritto nel 1969 da Raymond Bernard.
È un libro oramai quasi introvabile che riassume tutte le supposizioni scientifiche atte a sostenere ancora una volta la teoria della Terra cava, inserendo il concetto dei dischi volanti che potrebbero fuoriuscire dall'interno del nostro pianeta.
Naturalmente ci sono state altre pubblicazioni recenti, fra le quali sottolineo il lavoro di ricerca, a tutto raggio, compiuto da Joscelyn Godwin, autore del libro uscito nel 1996 dal titolo: "ARKTOS - The Polar Myth".
In ogni modo l'importanza fondamentale di tutti questi lavori è che hanno contribuito, in qualche maniera, a mantenere sempre viva nella mente degli uomini l'incredibile realtà sulla Terra cava, nonostante la ferrea congiura del silenzio tuttora in atto.
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