Alert - Nibiru is coming

Il Pensiero di Angeli in Astronave

Angeli in Astronave è distaccato da tutti coloro che professano amore…e in realtà guadagnano con la sapienza che non gli appartiene… ribadisco …nomi altisonanti … artefatti di strani effetti speciali …visivi o non… strumentalizzare… gruppi di appartenenza…donazioni … plagio… bugie da effetto… mancanza di umiltà… falsi nel pubblico…violenti nelle mura domestiche… guru e maestri …diffidate da ogni cosa artefatta… l’Amore unisce in semplicità…non ha bisogno di una carta scritta…la Verità non si vende ne si compra…fatene tesoro… Dolbyjack!

"Con riferimento al Decreto legislativo 9 aprile 2003, n.70 che si occupa di Attuazione della direttiva 2000/31/CE. Facendo anche riferimento al libro verde sulla tutela dei minori e della dignità umana nei servizi audiovisivi e di informazione COM (96) 483, il presente sito web: (Angeli in Astronave) è fruibile a soli Maggiorenni e pertanto proibito a tutti coloro che siano sofferenti psichici o vulnerabili ad informazioni di questo tipo e quindi influenzabili dal punto di vista psicologico.”

Buona Navigazione Cari Angeli, Namasté..

Video Discosure-Nibiru e Mauro Biglino

Riflessioni

La dottrina e pratica più blasfema della Chiesa Cattolica è quella della transustanziazione e del sacrificio della messa. La transustanziazione (fatta dogma dal concilio Lateranense IV nel 1215, elaborata in seguito da Tommaso d'Aquino e sancita definitivamente dal Concilio di Trento) insegna che: il pane e il vino, al momento della consacrazione vengono dal sacerdote cambiati nel corpo e nel sangue di Gesù Cristo (ogni giorno quindi vengono all'esistenza migliaia e migliaia di nuovi Gesù). La Scrittura insegna che nella cena c'è solo la presenza spirituale di Gesù (Luca 22:19-20; Giovanni 6:63; 1 Corinzi 11:26). Inoltre, nell'adorazione dell'ostia, la Chiesa di Roma adora un dio fatto dalle mani di uomini. Questo è il colmo dell'idolatria, ed è completamente contrario allo spirito del Vangelo che richiede di adorare Dio in spirito e verità (Giovanni 4:23-24). Carlo Fumagalli ex prete ed antropologo

Rasoio di Ockam suggerisce che: "tra varie spiegazioni possibili di una data osservazione, quella più semplice ha maggiori possibilità di essere vera".

DA QUANDO E' DIVENTATO REATO AVER CARA LA VITA?

"Nessuna causa è persa finché ci sarà un solo folle a combattere per essa".

Disclose.tv - ANONYMOUS MESSAGE TO NASA ABOUT ETS
http://www.disclose.tv/action/viewvideo/104638/ANONYMOUS_MESSAGE_TO_NASA_ABOUT_ETS/ Agenzia spaziale più importante del mondo, ti abbiamo osservato e ascoltato per molto tempo, siamo contrariati dalle tue costanti smentite e insabbiamenti, sappiamo tutti i tuoi piccoli e sporchi segreti e i trucchetti che usi. Sappiamo come hai falsato tutte le immagini della superfce dei pianeti e dei satelliti che li circondano, sappiamo come hai falsato e nascosto la verità al mondo. Ora abbiamo abbastanza filmati immagini e informazioni che tu non hai. Saremo capaci di mostrare la verità e lo faremo presto, pensi che stiamo bleffando? allora ascolta, la complessità della loro abilità è incomprensibile[...]l'ormeggio dei loro veicoli sembra molto NASA(non diciamo di più) è per i tuoi trucchi?Sappiamo anche come hai rilasciato strani fotogrammi che mostrano dischi che visitano e poi lasciano la terra e hai consigliato agli astronauti di menzionare volta per volta gli ufo, questo è per far credere che sai molto poco di quello che stà accadendo (mentre altri pensano di aver trovato la verità) ma in realtà la verità è così incomprensibilmente vasta e così semplice che sfugge anche ai migliori dispositivi e menti. Ora, sai che facciamo sul serio. Ora ci rivolgiamo a tutti i cittadini del mondo, le entità extradimensionali non sono malvagie come vogliono farvi credere, al contrario, hanno creato il nostro universo quindi sono presenti da prima di noi, non c'è nienti di cui temere, questo è l'inizio della rivoluzione spirituale ed evoluzione della specie umana Traduzione per Angeli in Astronave Raffaele V.

martedì 25 agosto 2009

Ricerca ed esplorazioni al Polo Nord

 

Ricerca ed esplorazioni al Polo Nord

L'esplorazione dell'Artide è avvenuta in due modi: via terra, con l'avanzata dei russi verso la Siberia e degli esploratori nel grande nord canadese, nell'Alaska e nel nord Europa; via mare, con la ricerca dei due grandi passaggi, Nord-Ovest e Nord-Est, che dovevano aprire alle navi nuove vie più brevi per raggiungere l'Asia, al fine di ottenere un commercio più redditizio.
Si può affermare che tutti gli sforzi per raggiungere il Polo, compiuti sino alle soglie del XX° secolo, fallirono. Tali tentativi, continuati per circa quattro secoli, costarono moltissimi sacrifici ed anche perdite di vite umane.
Probabilmente la questione commerciale è stata la molla più importante in questa esplorazione. Non dobbiamo dimenticare però che molti esploratori hanno avuto la possibilità di accorgersi delle varie anomalie ivi presenti, spesso definite miraggi, come ad esempio le aurore boreali, le strane condizioni climatiche e la scoperta di nuove terre che all'improvviso scompaiono.
È proprio questo il punto di partenza per portare delle prove a favore della struttura cava del pianeta.
La svolta definitiva dello studio del Polo Nord, di questa parte del pianeta ancora sconosciuta sino alla fine del XIX° secolo, avvenne con l'avvento dell'esploratore norvegese Fridtjof Nansen.
Di corporatura gigantesca, un vero vikingo, con gli occhi azzurri e capelli biondi, Nansen venne alla ribalta mondiale come esploratore quando portò felicemente a termine un'impresa memorabile per quei tempi: la traversata della calotta di ghiaccio della Groenlandia. Era il 1888 e da allora egli divenne una specie di idolo per i giovani di tutto il mondo.
Nansen si distinse pure per altri risultati eccezionali. Ricordo innanzitutto che nel 1922 gli fu conferito il premio Nobel per la pace, giacché a partire dal 1905 egli si dedicò alla politica. Un'intensa attività che lo porterà ad assumere la carica di Ministro nella sua Norvegia e soprattutto nel 1918 divenne il responsabile per il rimpatrio di circa 500.000 prigionieri russi. Addirittura si occupò dell'assistenza umanitaria verso milioni di affamati nelle varie regioni della Russia.
Fu un grande studioso di oceanografia e, come vedremo, fu un grande esploratore del polo. Dotato di un enorme coraggio, audacia, ostinatezza ma soprattutto di pazienza, iniziò nel Giugno del 1893 una nuova avventura per arrivare al Polo Nord geografico.
Il Polo Nord, come pure il Polo Sud, non deve essere confuso con il polo magnetico rispettivo.
Il polo geometrico è semplicemente un punto attraversato da una linea immaginaria conosciuta come asse geometrico terrestre o meglio come linea sulla quale la Terra ruota nel suo movimento quotidiano. Di conseguenza al Polo Nord, come pure al Polo Sud, dobbiamo associare un semplice punto geometrico.
Determinare con la massima esattezza il polo dipende dagli strumenti usati, dall'abilità dell'osservatore nel farli funzionare e dal numero delle osservazioni fatte.
Questo almeno sino all'avvento dei satelliti artificiali con il cosiddetto Sistema GPS.
Gli strumenti usati dagli esploratori di fine ottocento erano il sestante oppure il teodolite.
Con lo scopo di raggiungere il Polo, Nansen partì con la sua spedizione nel 1893, definita da quasi tutti i maggiori esperti dell'epoca un progetto criminale, che si basava sull'esperienza di una precedente spedizione fallimentare, la cui nave intrappolata nei ghiacci fu ritrovata qualche anno più tardi ad un'enorme distanza dopo essere stata in balia della deriva dei ghiacci e definitivamente stritolata.
A tale scopo Nansen si fece costruire un'imbarcazione adatta, la Fram, ben solida e da lui stesso ideata per resistere alle enormi pressioni dei ghiacci. Con 13 uomini a bordo iniziò la spedizione da Khabarova, un piccolo villaggio samoiedo della Siberia.
Il 9 Ottobre del 1893 la temperatura scese a - 40°C e la nave rimase intrappolata dal ghiaccio. Iniziò una lenta deriva che fece raggiungere alla nave gli 82° 31' N che, per l'epoca, rappresentava già un record di avvicinamento al polo. Visto poi che la deriva non lo faceva più avanzare, Nansen decise di proseguire con gli sci e con le slitte, trainate dai cani, necessarie per il trasporto del cibo e di altri materiali per la sopravvivenza.
Scelse come compagno il tenente Frederik Johansen, con il quale partì verso il polo il 14 Marzo 1895. Si dovevano percorrere circa 800 Km. Enormi furono le difficoltà da superare come il grande freddo, le condizioni del ghiaccio, ma soprattutto la deriva della banchisa. Oramai sfiduciati, con i cani troppo deboli, Nansen decise di ritornare indietro: avevano raggiunto gli 86° 13' N e 95° E. Erano i primi uomini al mondo ad aver raggiunto quelle estreme zone ghiacciate, a circa 400 Km dal polo geometrico.
Questa la cruda descrizione dei fatti.
Ad un attento esame dei loro scritti, ci si accorge però di alcuni elementi fondamentali ai quali non si è data tanta importanza. Prima di tutto sia Nansen sia Johansen avevano conoscenza di una terra oltre il ghiaccio che i loro antenati avevano tramandato. Soprattutto Johansen, nel suo libro "Con Nansen verso il Polo", ce la descrive magistralmente:

«Ci volle una buona dose di pazienza per star fermi un mese ed attendere che la neve si liquefacesse ed il ghiaccio diventasse praticabile per dirigersi verso la Terra sconosciuta, mai scorta, che pure eravamo certi dovesse trovarsi nei nostri paraggi. Era una cosa assai strana che non avessi ancora potuto vedere questa benedetta terra ed io pensavo continuamente ai versi di Welhaven:

Ad occidente della terra d'Helgel
un'isola nel mar lucente nuota
ma non appena un navigante volge
ver lei la prua, s'asconde tra le nubi;

e l'occhio invan la cerca: densa nebbia
l'avvolge e la rapisce... il cuor soltanto
può giungere laggiù verso occidente
sopra la bella terra d'avorio.

Ogni volta che questi versi mi ritornavano alla memoria, non potevo trattenermi dal ridere pensando all'enorme differenza fra la terra d'avorio che il poeta fa desiderare al marinaio e quella che noi agognavamo con tutta la potenza delle nostre anime. Ma d'altra parte se anche il nostro desiderio appagandosi non ci portava una terra d'avorio, coi suoi splendori e con una vegetazione lussureggiante, era per noi il giungere alla terra un così grande fatto che certo, date le nostre condizioni, non era inferiore alla terra d'avorio cantata dal poeta.»

Johansen del resto descrive con molti dettagli l'avventura al polo con Nansen, il quale, nella stesura del libro "La spedizione polare norvegese 1893-1896" conferma il sogno di raggiungere una nuova terra aprendo l'introduzione con una frase di Seneca: "Tempo verrà che delle cose il freno l'Oceano disciolga e immensa e nova region si disveli all'occhio umano. Né delle terre sia l'ultima Thule".
La credenza nella mitica Thule, terra ultima oltre il polo e abitata da strani uomini, era assai diffusa poiché tramandata dalle leggende scandinave.
Ecco perché Nansen era più che convinto della sua esistenza e perciò affermava:

«Ho già detto che la parola norvegese skraeling (eschimese) deve essere stata adoperata in origine per designare fate o creature mitiche. Molte altre cose lasciano supporre che, quando gli islandesi incontrarono per la prima volta gli eschimesi, li consideravano uomini fatati. Li soprannominarono perciò Troll, un vecchio nome comune che designava varie specie di esseri soprannaturali. Quest'idea si è conservata, più o meno, fino ai tempi più recenti.»

Tuttora gli eschimesi rimangono attaccati alla convinzione che la loro origine venga proprio dal nord.
All'epoca Nansen era mosso, nella sua spedizione, dalla volontà di scoprire il mistero, rimanendo aggrappato però alla scienza, fino a quando ogni enigma non fosse stato sciolto.
Egli descrisse pure, in una leggiadra forma poetica, l'enigma dell'aurora, mettendo in second'ordine l'ipotesi scientifica: "Ma l'aurora boreale nella sua eternamente varia bellezza fiammeggia giorno e notte attraverso il firmamento. Guardala, bevi in essa l'oblio, attingine la speranza. Essa è pure piena di aspirazioni come l'anima dell'uomo. Con l'irrequietudine di questa, vuol cingere coi suoi raggi sfavillanti e cosa più bella degli albori purpurei; ma nel suo vano corso attraverso lo spazio vuoto, ne reca il messaggio della venuta del dì... O tu, misteriosa, chi sei? Donde vieni? Vano è il chiederlo. Non basta forse ammirare la tua bellezza? Ci è forse dato di giungere più in là dell'apparenza esterna? A chi gioverebbe il poter dire ch'essa è una scarica elettrica o una corrente elettrica che attraversa gli alti strati dell'atmosfera e poter descrivere come si produca? Mere parole... Felice il bimbo... In ultima analisi, noi, con tutto il nostro sapere, con tutte le nostre teorie, non siamo di un capello più vicini alla verità di quanto egli lo sia".
Parole profetiche quelle di Nansen che ancora oggi sono valide poiché la scienza ufficiale non vuole proprio ammettere che questi fenomeni solari, formanti le variopinte aurore boreali, provengono anche dal centro della Terra.
L'osservatore terrestre si ritrova in certi periodi dell'anno di fronte ad un'ampia fascia di luce piuttosto debole che appare nei cieli nordici (aurora boreale). L'identico fenomeno appare nello stesso periodo nei cieli del sud o meglio nella zona antartica (aurora australe).
L'aurora è visibile in una grande quantità di forme che variano da una luminescenza lieve fino alla comparsa di raggi verticali, all'interno dei quali può esserci un notevole movimento. A volte si presenta come una serie di archi luminosi in espansione o in contrazione.
Predominano i colori: bianco, giallo e rosso, pur assumendo spesso una colorazione variopinta e vivida. Si manifestano, nella maggioranza dei casi, fino a circa 20° dai poli magnetici ed appaiono ad un'altezza variabile tra gli 80 ed i 1.000 Km.
Senza dubbio, una delle questioni più dibattute è quella del peculiare suono emesso durante la loro formazione. Sono numerosi i testimoni che hanno riferito di aver udito un suono assai caratteristico nel momento cruciale della sua formazione. Tale suono, una sorta di sibilo o crepitio, in effetti, è udibile in particolare nei momenti in cui l'aurora è più appariscente, mostrando una sincronia con le evoluzioni luminose che ha dell'incredibile.
Il ricercatore danese Eigil Ungstrup è riuscito recentemente ad identificare con successo, per via strumentale, questo strano suono e non è stato il solo. Si tratta in sostanza di un sibilo o di un soffio avente una frequenza di circa 100 Hz.
Pure in questa situazione sono state proposte alcune ipotesi ufficiali e, guarda caso, nessuna fa riferimento all'apertura del polo.
Ritornando alla spedizione norvegese ci accorgiamo di un altro fattore importante, descritto sia da Nansen sia da Johansen e riguardante le condizioni climatiche insospettate nell'estremo nord.
Ad esempio il 3 Agosto 1895 Nansen annotava alcuni fatti straordinari: a quelle estreme latitudini la temperatura dell'atmosfera era molto più calda del previsto e notava sulla neve tracce di volpi.
In tempi successivi Nansen non trovava modo di far funzionare la bussola ed egli non sapeva dove si trovasse. Quando poi una tempesta di polvere insopportabile ostacolò la sua marcia, oramai in difficoltà con i cani, decise di tornare indietro, ignorando completamente la realtà in cui si trovava. Stava avanzando verso l'apertura polare e apparentemente non lo capì.
Si può dire anche che Nansen non sia stato l'unico esploratore ad avere queste sorprese poiché molti uomini si avventurarono negli anni successivi verso il nord con l'intenzione di raggiungere per primi il Polo.
Abbandoniamo ora questa storica impresa, dagli sviluppi scientifici e mitologici, per arrivare al punto cruciale delle spedizioni polari che risale al periodo compreso tra il 1908 e il 1909.
Il 6 Aprile 1909 l'esploratore americano Robert A. Peary annunciò a tutto il mondo di essere stato il primo uomo a raggiungere il Polo Nord.
[Dr. Frederick A. Cook] A questo punto vi fu la dichiarazione dell'altro esploratore americano, il dottor Frederick Cook, che asseriva di aver raggiunto lui per primo il Polo Nord, esattamente il 21 Aprile del 1908.
Iniziarono immediatamente una serie di polemiche, anche forti, che finirono per avere un risvolto giudiziario. A parte tutto ciò, si ebbe la sorpresa che entrambi dissero di aver visto una nuova terra che nessun esploratore successivo riuscirà a trovare.
È una storia così intrigante da meritare qualche parola in più, necessaria per rivivere quegli anni così elettrizzanti.
[Ammiraglio della US Navy, Robert E. Peary] Grazie a Nansen si sapeva con certezza che la calotta polare artica era in gran parte occupata da un vasto mare ricoperto di ghiaccio alla deriva.
La scoperta di nuove terre diveniva così sempre più improbabile fino a quando Peary, arrivando agli 87° 6' N 40° O nella spedizione del 1905-1906, scoprì e vide per la prima volta la Terra di Crocker (all'incirca intorno agli 83° N).
Questo esploratore aveva oltre 20 anni di esperienza nell'Artide, di cui ben 12 trascorsi in quel ghiaccio eterno con le otto esplorazioni che culmineranno con il sospirato raggiungimento a piedi del Polo Nord. Fu accompagnato nella clamorosa spedizione dal suo maggiordomo di colore Matt Henson e da quattro eschimesi, adottando la loro tecnica di trasporto ed i loro modi di vivere.
Nella precedente spedizione, finita anzitempo perché una terribile bufera scompaginò i ghiacci, dividendo e disperdendo le varie squadre di appoggio, Peary e il suo gruppo avanzato decisero di ritornare indietro dopo aver raggiunto il record per quei tempi e cioè gli 87° di latitudine nord. Non fu una disfatta, poiché la spedizione è rimasta nella storia per la scoperta della Terra di Crocker.
Una scoperta tanto misteriosa da essere quasi subito definita un miraggio del polo.
Nel Giugno del 1906 l'Ammiraglio Peary l'annunciò con poche frasi:
«Il nord estendeva la ben conosciuta e ruvida superficie di ghiaccio polare e a nord ovest, con un brivido, è accaduto che i miei strumenti hanno rilevato le basse cime bianche di una lontana terra che i miei eskimo hanno detto d'averle già viste nell'ultima spedizione...»

Naturalmente fu creduto da pochissime persone.
Già l'Ammiraglio USA R. Peary aveva sconvolto le menti più razionali quando nel Maggio del 1892, nell'affrontare un viaggio verso il nord, si trovò col suo compagno Astrup in cima alla gran calotta di ghiaccio che ricopriva l'interno della Groenlandia. Trovandosi ad un'altezza compresa tra i 5.000 e 8.000 piedi, si spinse verso nord per oltre 500 miglia su una regione mai solcata dal piede dell'uomo, con bassissime temperature, giungendo fino alla Baia Indipendenza, da lui scoperta e chiamata con tal nome il 4 Luglio 1892.
Immaginate la sorpresa quando, scendendo dall'altipiano, egli penetrò in una piccola vallata cosparsa di vividi fiori, dove le api ronzavano e i buoi muschiati pascevano tranquillamente. Anche quest'anomalia fece pensare molto.
È certo in ogni modo che i successi dell'Ammiraglio Peary erano stati resi possibili dalla notevole pratica sul ghiaccio che gli diede una completa conoscenza delle difficoltà che dovevano essere vinte, dalla felice combinazione di una forte capacità fisica e mentale, dalla sua abilità a sormontare ogni ostacolo, da una tenacia e da un coraggio indomabili; il tutto sorretto da una resistenza fisica incredibile.
Ma la gloria di R. Peary fu assai breve perché appena dette l'annuncio del suo arrivo al polo con un telegramma, si sentì rispondere che era arrivato tardi.
Sicuramente per Peary quello fu il momento peggiore della sua vita. S'innescarono immediatamente una serie di polemiche e di disquisizioni scientifiche che ancora oggi non si sono placate.
Sia Peary sia Cook erano sicurissimi delle loro imprese.
Furono cercati i minimi dettagli per screditare soprattutto l'operato del Dottor Cook, perché il suo racconto aveva per molti del fantasioso, mentre i dati forniti da Peary erano più attendibili.
C'è da aggiungere che alcuni anni dopo i due eschimesi, che avevano accompagnato Cook al Polo, asserirono di non aver mai perso di vista la terra nel corso della loro esplorazione.
E qui il discorso si fa incandescente. Partito da Annootok (Groenlandia nord-occidentale), Cook raggiunse l'estremità settentrionale dell'isola di Heiberg. Da qui, il 18 Marzo 1908, partì per il Polo con due slitte e due eschimesi scoprendo il 27 Marzo una nuova terra che chiamò "Terra di Bradley". Proprio per questa dichiarazione fu definito un millantatore.

[foto 51k .jpg]
Mappa dove si mostra la rotta di andata e ritorno percorsa dal Dr. F. A. Cook per la conquista del Polo Nord, avvenuta il 21 Aprile 1908. Sono rappresentate inoltre la Terra di Crocker, la Terra di Bradley e una misteriosa isola sommersa.


Cook in verità scattò alcune foto assai importanti per sostenere la sua tesi, ma non avrà migliore sorte.

[foto 29k .jpg]
Foto scattate dall'esploratore F.A. Cook nell'Aprile del 1908 a dimostrazione dell'esistenza della misteriosa Terra di Bradley, localizzata a 84° 50' Nord e mai più ritrovata.


Nel cercare di capire meglio questa situazione, che avrebbe ancora una volta sancito la fondatezza della teoria sulla Terra cava, riporterò le dichiarazioni dell'esploratore francese Paul Emil Victor, scritte nel suo libro "Cani da slitta, compagni di rischio":

«Quando, il 3 Luglio 1907, il dottor Frederick Cook lasciò gli USA per un viaggio verso il nord il vero scopo di questa spedizione 'di caccia' era stato mantenuto segreto. Dietro di sé Cook aveva già una notevole esperienza polare e una gran conoscenza di cani. Egli aveva partecipato alla spedizione di Peary nel 1892, quindi alla spedizione antartica della nave Belgica, che fu la prima a svernare a sud del circolo polare, nel 1897-1899. La fama acquisita durante questa spedizione, migliorata ancora dalla sua ascensione del monte MacKinley (Alaska), la più alta cima del continente americano, gli permise di persuadere John R. Bradley, sportivo milionario, a finanziare una spedizione 'di caccia' nel nord ovest della Groenlandia.»

Il fatto di aver scoperto la cosiddetta "Terra di Bradley", localizzata tra gli 84 e gli 86 gradi Nord e non ritrovata nel viaggio di ritorno, con la dichiarazione di aver compiuto l'esplorazione al polo ad una media di 62 chilometri il giorno, produsse laceranti polemiche scientifiche che fecero cadere in second'ordine la mirabile impresa.
Ci si domanda: quale era il vero scopo dell'impresa di Cook? Perché tanta segretezza da parte dell'allora governo USA? Che significato poteva avere l'ulteriore scoperta di una nuova terra nella calotta polare?
La risposta potrebbe sembrare ovvia, ma vorrei rimarcare che questi grandi esploratori non si potevano esporre assolutamente a false dichiarazioni.
Lo stesso Cook del resto descrisse alcune situazioni particolari, in cui si venne a trovare nella parte cruciale della sua conquista del polo, nel libro "My Attainment of the Pole". A pagina 233 leggiamo letteralmente:

«Il ghiaccio tutt'intorno era disturbato come se qualcosa lo muovesse. Su ogni lato si sono aperti diversi rivoli d'acqua sporca. La differenza tra la temperatura del mare e quella dell'aria era di 76° Farenheit. Con tale contrasto i punti aperti d'acqua sembravano che bollissero.»

Scorrendo poi a pagina 243 possiamo leggere le osservazioni dell'esploratore sulla misteriosa Terra di Bradley:

«Il cielo ad oriente divenne di un azzurro vivace. A causa dei venti molto bassi le nubi furono spazzate via. Contemporaneamente l'emisfero occidentale, che è sempre stato un puro mistero, si schiarì. Sotto di esso, con mia gran sorpresa, giaceva un nuovo territorio. Credo di aver sentito un gran brivido simile a quello che Colombo deve aver provato quando davanti ai suoi occhi apparve la verde visione della terra americana. La mia promessa verso gli eskimo, ragazzi bravi e fiduciosi, che la terra era vicina si stava realizzando. Il gran piacere della visione delle rocce più remote della Terra mi fece dimenticare le sofferenze fisiche del lungo cammino attraverso le bufere. Per quanto potessi vedere, la terra sembrava molto frastagliata e si estendeva parallela alla linea di marcia a circa 80 Km verso occidente. Era coperta sia da neve sia da lastre di ghiaccio ed era desolata, ma era una terra vera con tutto il significato che una terra solida può offrire. Per noi quest'evento ha avuto un significato profondo poiché eravamo in mezzo ad un mare di ghiaccio galleggiante in balia a delle tormente. Ora ci venne l'immediato desiderio di porre piede su di essa, ma sapevo che per farlo avremmo dovuto cambiare la rotta del nostro viaggio diretto verso il polo. In ogni caso il ritardo era un rischio e in più le nostre scorte di cibo non permettevano di spendere del tempo per l'ispezione di questa nuova terra. Essa non è stata mai vista da noi in maniera ben definita a causa di una foschia molto bassa che assomigliava a quella dei mari aperti e che nascondeva i margini di questa terra. Dal nostro punto d'osservazione riuscivamo a vedere solo occasionalmente i costoni superiori. C'erano due distinti ammassi di terra. Il capo più a sud dell'ammasso meridionale era situato ad ovest guardandolo da sud ma, ancora oltre, verso sud c'era qualche vaga indicazione di terra. Il capo più a nord della stessa terra, da nord si estendeva verso ovest. Su questa estremità c'era una rottura ben definita per 25-20 Km e al di là della massa settentrionale si estendeva verso N.O. sull'85° parallelo. La costa intera aveva una linea di confine lungo il 102° meridiano, approssimativamente parallelo alla nostra rotta di viaggio. In quel momento la nostra vista ci suggeriva due isole distinte. Abbiamo però visto così poco della terra da non riuscire a determinare se era veramente costituita da isole o da un continente più vasto. La costa più a sud rassomigliava all'isola di Heiberg con montagne e alte valli. La costa più a nord l'ho valutata alta all'incirca 1000 piedi, piana e ricoperta da un sottile strato di ghiaccio. Su quella terra ho scritto "Bradley Land" in onore a J.R. Bradley, il cui generoso aiuto ha reso possibile la prima importante tappa della spedizione. Pur avendo osservato a lungo quella terra, arrivare al polo era il massimo della mia ambizione. Però i miei ragazzi non avevano tutto quell'entusiasmo di andare al polo. Dissi loro che raggiungere quella terra sarebbe stato possibile sicuramente al nostro ritorno. Non l'abbiamo più vista. Per noi questa nuova terra fu una pietra miliare importante poiché da questo momento in poi i giorni erano conteggiati da e verso di essa. Con una buona visione a mezzodì, si fissò il punto d'osservazione a 84° 50' di longitudine e 95° 36' di latitudine. Stavamo a circa 500 Km dal polo.»

Da quanto Cook scrive si evince ancora meglio che il Polo Nord magnetico è effettivamente il fulcro del fenomeno dell'apertura che può permettere di accedere alla mirabile terra interna.
In ogni modo le polemiche suscitate dalla scoperta del Polo Nord geometrico innescarono contemporaneamente propositi di ricerca in altri esploratori, soprattutto nell'americano Donald Mac Millan, attratti ancora di più dalla fantomatica Terra di Crocker, conosciuta per altri versi anche come Terra di Bradley.
Nonostante che MacMillan avesse organizzato ben tre diverse spedizioni, iniziate a partire dal 1913 e terminate nel 1925, non riuscì mai ad avvistare la mitica Terra di Crocker.
Intanto agli inizi del 1900 emergeva un altro giovane esploratore, il danese Ejnar Mikkelsen. Etnologo e di carattere avventuroso, riuscì a mettere in piedi, facendo molti debiti, una spedizione per andare alla ricerca di una terra favolosa che, secondo molti balenieri ed esploratori, sarebbe dovuta esistere a nord dell'Alaska, nello sconfinato Mare di Beaufort.
È qui che gli eskimo d'Alaska collocavano il loro paradiso, una deliziosa terra ospitante una rigogliosa vegetazione e popolata da animali ed uomini. Anche lui non riuscirà a raggiungere il traguardo da sempre sognato.
In questa spedizione, risalente al 1906, partecipò pure l'esploratore canadese Vilhialmur Stefanson, il quale passerà alla storia come l'uomo che riuscì a realizzare l'indispensabile ed eccezionale rivoluzione esplorativa polare.
Se Mikkelsen correva dietro alle leggende e alle favole, se Peary adottava il sistema di trasporto degli eschimesi ed il farsi accompagnare da loro, Stefanson diventò uno di loro o meglio un super eschimese capace di adattarsi alle particolari e difficilissime condizioni atmosferiche dove si doveva vivere.
Egli capì quale fosse il modo per comprendere la vera essenza del mondo polare, migliorando, di fatto, il sistema eschimese, avvalendosi di quelle qualità umane appartenenti alla civiltà occidentale dell'epoca. L'Artico diventerà la sua vera patria. Egli comprese la vera realtà di quel continente, riuscendo a sopravvivere con le risorse ivi presenti. Non parlerà mai esplicitamente di tutto ciò che conosceva sulla misteriosa terra oltre il polo ma, nel suo libro "The Friendly Artic", ci fa capire come riuscisse a scoprirla semplicemente guardando le screpolature dei ghiacci. Queste erano talmente particolari che Stefanson non poteva assolutamente sbagliare e perciò non si affannava mai per la sua sopravvivenza.
In questo suo fondamentale libro si cerca invano la descrizione di condizioni disastrose, di sforzi sovrumani per combattere contro la fame, il freddo, il ghiaccio che si forma sugli abiti, che si scioglie nel sacco-letto rendendo il riposo una specie di incubo, come succedeva invece nella spedizione di Nansen.
Stefanson viaggiava sempre asciutto e le sue esplorazioni sembravano un gioco, un divertimento. Come mai tutto questo?
L'Artico perse così quell'alone di terrore che si trascinava da qualche tempo. Intanto la tecnologia occidentale stava compiendo grandi passi in avanti, perfezionando anche i motori e i mezzi aerei. È naturale quindi che la tecnica esplorativa da impiegare nel Polo Nord dovesse trasformarsi e che nascessero perciò nuovi uomini che avrebbero dedicato la loro vita a queste nuove imprese.
[Sir Hubert George Wilkins, eccentrico esploratore australiano (1888-1958)] Tra tutti ricordiamo Byrd, Ellsworth, Wilkins, Nobile ed Amundsen.
In verità un precursore c'era già stato quando nel 1897 lo svedese Andrèe partì dalle Isole Spitzbergen, a bordo del pallone Ornen, per spingersi verso il polo. Fu una spedizione tragica che finì con la morte dei tre uomini d'equipaggio, ma questo sacrificio umano segnò un nuovo modo per affrontare le future esplorazioni polari.
Il gran merito lo ebbe un eccentrico e geniale personaggio, quanto coraggioso, conosciuto come Sir George Hubert Wilkins (1888-1958). Di origine australiana, nel 1917 si arruolò nell'aeronautica col grado di capitano. Subito dopo la fine della prima guerra mondiale ideò varie spedizioni polari, ma non riuscì a realizzarle. Nel 1921 fu membro della spedizione Shakleton e nel 1926, col pilota Carl Ben Eielson, volò attraverso una zona sconosciuta della catena di Brooks (Alaska). Nel 1927 decise di esplorare con l'aereo la zona sconosciuta dell'Oceano Artico, da Punta Barrow allo Swalbard, con un volo regolarissimo durato 20 ore.
Wilkins aveva appreso molto da Stefanson giacché aveva collaborato con lui attivamente alla spedizione polare compiuta tra il 1913 e il 1917. Soprattutto aveva appreso da lui l'amore per la scienza. Stefanson gli insegnò a vivere nelle regioni polari, ad avvolgersi nudo dentro i sacchi di pelle di renna, per poi dormire comodamente su un letto di neve in una capanna di neve.
Lo stesso Stefanson lo inciterà a viaggiare verso il Polo Nord non con l'aereo bensì con un sottomarino; cosa che effettivamente Wilkins cercò di realizzare nel 1931 partendo dagli Stati Uniti, ma questa sua avventura non andò a buon fine.
Wilkins affrontò il viaggio esplorativo nel 1927 al Polo Nord per gettare le basi della sua futura esperienza con il sommergibile, con la consapevolezza di trovare quella parvenza di terra resa famosa da Peary e Cook, confermata naturalmente da Stefanson.
Aveva sempre sperato di trovare un'isola tra l'Alaska e il Polo, ma dopo aver subito questa delusione rivolse le sue attenzioni all'Antartide dove avrà più fortuna. Inutile dire che neppure lui sarà ritenuto attendibile sull'incredibile scoperta.
Nel 1925 verrà poi alla ribalta il più rappresentativo esploratore polare della storia, l'Ammiraglio USA Richard Evelyn Byrd, quando iniziò la sua avventurosa vita tra i ghiacci con la terza spedizione Mac Millan alla ricerca della Terra di Croker. Nell'occasione volerà col suo aereo sulla Groenlandia e la Terra di Ellesmere.

[foto 28k .jpg]
Aereo Curtis-Condor del tipo impiegato da Richard Byrd per le esplorazioni aeree durante la sua terza spedizione antartica.


Nell'anno successivo, cioè nel 1926, Byrd organizzerà una spedizione aerea per sorvolare il Polo Nord. Riuscirà in quest'impresa il 9 Maggio.
Tanto fu il clamore suscitato che gli americani, in preda ad un entusiasmo incredibile, lo elessero eroe degli USA e lo accolsero al suo ritorno in patria con tutti gli onori del caso.
Byrd farà una scoperta fondamentale in questo volo. Volo molto contestato perché egli tornò alla base, dissero, prima di aver sorvolato il Polo geometrico.
È proprio dietro questo fatto che si nasconde la verità propugnata in questo lavoro e che sarà ripresa nel capitolo dedicato al leggendario esploratore.
Sempre nel 1926, tra l'11 e il 14 Maggio, il dirigibile Norge con Amundsen, Ellsworth e Nobile compiva la prima traversata del bacino artico a partire dalle isole Spitsbergen, per arrivare all'Alaska passando per il Polo. Mai nessuno dei tre parlerà ufficialmente dell'apertura polare.
Naturalmente le spedizioni al Polo Nord sono continuate quasi ininterrottamente sino ai nostri giorni, assumendo caratteristiche e finalità diverse. Purtroppo il mistero sull'apertura polare perdura.

http://www.edicolaweb.net/nonsoloufo/tc_polon.htm

Nessun commento:

Posta un commento